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Save The Children: «I minori? Sono a rischio, serve più protezione»

Una vedetta della guardia costiera rientra a Lampedusa foto AnsaUna vedetta della guardia costiera rientra a Lampedusa – foto Ansa

Immigrazione I bambini a volte rimangono nell’hotspot anche tre o quattro settimane

Pubblicato circa un anno faEdizione del 26 agosto 2023

La tregua, dovuta probabilmente al maltempo lungo le coste della Tunisia, è finita e da ieri a Lampedusa sono ricominciati gli sbarchi: più di 1.700 migranti conseguenza di 45 approdi che hanno provocato un’impennata nelle presenze nell’hotspot di Contrada Imbriacola dove ieri sera si contavano fino a 2.882 persone, tra le quali più di 170 minori.

«I minori stranieri non accompagnati, che viaggiano cioè senza un adulto responsabile per loro, sono coloro che restano più tempo nel centro a causa della carenza di posti disponibili dove inserirli per la prima accoglienza», ci spiega Niccolò Gargaglia, responsabile della protezione dei minori migranti di Save The Children.

Nonostante il tempo massimo di permanenza nell’hotspot sia, in deroga, 48 ore anche per i minori non accompagnati, i bambini da soli rischiano di rimanere chiusi dentro dalle tre alle quattro settimane. «La condizione dell’hotspot è ben gestita dalla Croce Rossa, anche se quando i numeri aumentano la situazione diventa più complessa, per questo motivo è auspicabile che i minori vengano trasferiti in tempi più brevi», dichiara Gargaglia.

Nelle settimane di maggiori presenze nell’hotspot si sono sfiorate le tremila persone e, come racconta chi ha vissuto al suo interno, i bambini erano costretti a dormire all’esterno in brandine allestite in via emergenziale.

«È fondamentale ribadire che noi abbiamo una legge, la 47 del 2017, Legge Zampa, che definisce chiaramente quello che dovrebbe essere il percorso di un minore straniero non accompagnato arrivato in Italia: dopo l’identificazione deve essere collocato in un luogo idoneo, ovvero in una struttura dedicata in cui dovrà passare non più di trenta giorni, al termine dei quali verrà inserito all’interno del circuito Sai – sistema di accoglienza e integrazione – fino al compimento della maggiore età. È evidente che oggi questo sistema non stia funzionando come dovrebbe», spiega Gargaglia.

La lunga permanenza in centri emergenziali come hotspot in promiscuità con adulti e in condizioni di vita non idonee a un minore o il ricollocamento da un centro emergenziale ad un altro costituiscono violazioni della legge Zampa, oltre ad essere grandi fattori di rischio: «Questa disfunzionalità impatta anche sul percorso di protezione e attivazione della tutela. Purtroppo assistiamo spesso ad allontanamenti volontari di minori non accompagnati dalle strutture emergenziali – continua Gargaglia – il processo di ricongiungimento familiare, per esempio, è troppo lungo anche quando si tratta di minori, e spesso il tempo d’attesa viene percepito da loro come “tempo perso” spingendoli a fuggire dalle strutture d’accoglienza e da un circuito di protezione formale, per diventare invisibili e rischiare di finire nelle mani di trafficanti».

Un altro problema, come spiega Gargaglia, è quello dei diciassettenni. Secondo i dati del rapporto del ministero del lavoro e delle politiche sociali del 30 luglio 2023, sono oltre 21mila i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, provenienti principalmente da Costa d’Avorio, Guinea ed Egitto e il 44% di loro è diciassettenne. La legge prevede che il permesso di soggiorno rilasciato per minore età o per motivi familiari abbia validità solo fino al compimento della maggiore età.

Da questo punto di vista fornire al minore che arriva in Italia da solo tutti i mezzi necessari a essere indipendente è fondamentale. Il rischio è che, divenuti maggiorenni, i ragazzi finiscano anche loro nel vortice dell’irregolarità e dello sfruttamento. «È necessario – conclude Gargaglia – potenziare i percorsi e i progetti di inclusione, oggi lasciati troppo spesso a singoli enti del terzo settore. La mia percezione è che ci sia una grande attenzione al tema dell’accoglienza ma non a quello dell’inclusione. Questo fa sì che il nostro sistema sia fortemente sbilanciato verso una gestione emergenziale delle migrazioni senza tenere in considerazione la necessità d’inserimento di queste persone nel nostro paese».

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