Spetterà ad Antonio Tajani illustrare in parlamento il discusso accordo tra Italia e Albania sui migranti. Il vicepremier e ministro degli Esteri sarà alla Camera martedì prossimo alle 11, come deciso ieri dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, e naturalmente la sua sarà una difesa a oltranza del protocollo siglato dalla premier Giorgia Meloni con l’omologo albanese Edi Rama. Al termine verranno messe ai voti le risoluzioni di maggioranza e di minoranza, mentre non è previsto un voto del parlamento sull’intesa ma solo su singole parti, come il finanziamento per la costruzione dei due centri a Shengjin e Gjader nei quali verranno portati i migranti salvati dalle navi italiane e il necessario adeguamento legislativo. «Le critiche» all’intesa «sono di chi non conosce il testo di quell’accordo che non è un trattato internazionale», ha spiegato ieri Tajani a margine di un’assemblea di Forza Italia.

MA AL TITOLARE della Farnesina spetta anche i compito di smentire le ricostruzioni secondo le quali l’intesa con Tirana sarebbe stata pensata e gestita da palazzo Chigi all’insaputa degli alleati. Nei giorni scorsi Tajani ha già dato la sua versione dei fatti e fatto risalire i primi passi concreti dell’intesa addirittura al 6 aprile scorso, giorno in cui a Palazzo Chigi si sarebbe tenuta una riunione operativa tra funzionari della Farnesina e del Viminale, presente anche personale dell’ambasciata italiana a Tirana. Riunione seguita, il 24 maggio, da una missione di Esteri e Interno nel paese delle Aquile.

IL PASSAGGIO parlamentare viene incontro alle richieste delle opposizioni che hanno chiesto più volte di poter discutere i contenuti del protocollo con Tirana, ma non prevede esiti a sorpresa. Scontata infatti la volontà dell’esecutivo di non fare alcuna marcia indietro sulla volontà di delocalizzare i migranti in Albania, paese che ancora non fa parte dell’Unione europea
Difficilmente, però, l’intesa potrà cominciare a concretizzarsi senza un via libera da parte di Bruxelles. La Commissione europea sta ancora esaminando la documentazione fornita da Roma e un suo parere è atteso per i prossimi giorni. Nel frattempo non sono mancati segnali incoraggianti per palazzo Chigi, come il parere espresso dal commissario per l’Allargamento, l’ungherese Oliver Varhelyi, che ha definito l’intesa con Tirana un «modello interessante». O l’apertura arrivata tre giorni fa dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. E in qualche modo fa pensare anche il silenzio francese. Parigi sta discutendo tra non poche difficoltà la nuova legge sull’immigrazione proposta dal ministro dell’Interno Gerald Darmanin e tutto vuole tranne che aggiungere altra carne al fuoco delle polemiche interne.

CHI NON NASCONDE invece la sua preoccupazione per i rischi che il protocollo italo-albanese potrebbe comportare è il Consiglio d’Europa. La commissaria per i Diritti umani Dunja Mijatovic è intervenuta ieri rimarcando la «tendenza europea verso l’esternalizzazione delle responsabilità in materia di asilo». «L’accordo crea un regime di asilo extraterritoriale ad hoc caratterizzato da molte ambiguità giuridiche» ha aggiunto Mijatovic, spiegando che «in pratica, la mancanza di certezza giuridica probabilmente comprometterà le garanzie fondamentali per i diritti umani e la responsabilità per le violazioni, determinando un trattamento differenziato tra coloro le cui domande di asilo saranno esaminate in Albania e coloro per i quali ciò avverrà in Italia».