Milano chiama il resto d’Italia: la sanità pubblica non è mai stata così a rischio come oggi. Che non significa che mancheranno le cure, ma che per curarsi bisognerà pagare sempre di più.

Oggi in piazza Duomo dalle ore 15 la manifestazione «Sani come un pesce?» lancerà un appello a tutto il paese. Promotori della manifestazione Medicina Democratica, la Campagna Dico 32, il Forum per il Diritto alla Salute, la Rete Europea contro la commercializzazione della salute. Con loro altre decine di associazioni con adesioni in crescita, oltre quaranta al momento tra cui Acli, Arci, Anteas Lombardia, Attac Italia, Auser, Casa Comune, Cittadinanzattiva Como, Cittadini Reattivi, Comitato diritto alla salute sud-ovest Milano, CoVeSaP, Sentinelli, Ife Italia, Lila Nazionale. Ci saranno anche i partiti della sinistra, i sindacati di base, la Cgil.

Le prime mosse del governo Meloni, e di quello Fontana in Lombardia, vanno in una direzione chiara: incentivare la professione medica nel settore privato e spingere i cittadini verso le assicurazioni sanitarie. Dalla profezia del leghista Giancarlo Giorgetti «il medico di base non serve più, basta andare su internet» del 2019 alle politiche che la destra sta attuando il passo è stato breve. Oggi si parla di medico a gettone che lavorerà in affitto nelle strutture private senza più avere in carico la storia clinica di alcun paziente. «In palio c’è l’esistenza stessa del servizio sanitario nazionale. Dal 1978 non abbiamo mai avuto un momento così buio» dice Vittorio Agnoletto, medico, responsabile dell’Osservatorio Salute e conduttore della trasmissione radiofonica che si occupa di sanità 37.2. «Fare il medico era una professione ricercata, oggi fare il medico non è più attrattivo. In 20 anni abbiamo formato 180 mila giovani che sono andati a lavorare all’estero».

Pesano gli stipendi bassi, e anche in questo settore l’Italia è fanalino di coda dell’Europa, pesano le condizioni di lavoro nel servizio pubblico. Fuga all’estero e fuga verso i privati che pagano di più. «Nel servizio sanitario nazionale resteranno a lavorare i medici con più di 50 anni che hanno bisogno dei contributi per la pensione» dice ancora Agnoletto.

Recenti provvedimenti del governo prevedono che gli infermieri finite le 36 ore di lavoro settimanali nel servizio pubblico possano lavorare in quello privato. Un incentivo al passaggio a chi paga di più che in qualche anno potrebbe svuotare il sistema sanitario pubblico se nel frattempo gli stipendi pubblici non verranno alzati.

«Il servizio sanitario nazionale è un bene irrinunciabile che sancisce il diritto inalienabile alla salute per tutti i cittadini: non è tollerabile che la sanità diventi una sorta di mercato in cui le persone vengono trattate come clienti da accalappiare esattamente come pesci all’amo» dice Marco Caldiroli di Medicina Democratica, «solo chi ha i soldi si potrà curare».

Clamorosi gli esempi scoperti dalla trasmissione 37.2 che arrivano dalla Lombardia, come l’attesa fino a 1.300 giorni per una prestazione sanitaria in regime di servizio pubblico all’ospedale San Raffaele di Milano o l’ospedale accreditato al servizio pubblico che incentivava economicamente gli operatori del call center a dirottare i pazienti alle visite private.

In piazza Duomo ci saranno il fondatore dell’istituto Mario Negri Silvio Garattini, Massimo Cirri, Carmen Esbrì, Yves Hellendorff, Ramon Vila. Il capogruppo del Pd al consiglio regionale lombardo Pierfrancesco Majorino rilancerà la proposta di una legge di iniziativa popolare per riscrivere la riforma sanitaria Moratti-Fontana. La manifestazione chiederà una mobilitazione nazionale a difesa del servizio sanitario pubblico. «Quando non ci sarà più e bisognerà pagare allora scatteranno le differenze sociali e di classe. Stiamo andando lì dove Obama stava cercando di fare uscire gli Stati uniti: verso un sistema sanitario basato sulle carte di credito» sostiene Agnoletto.

La crisi climatica e sociale alle porte avrà ricadute anche sulla nostra salute e c’è da scommetterci la cura sarà un terreno di scontro politico in tutta Europa. Chi raccoglierà l’appello per la sanità bene comune di piazza Duomo?