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Sandra Zampa: «Via i tetti di spesa, sulla Sanità non si torni indietro»

Sandra Zampa: «Via i tetti di spesa, sulla Sanità non si torni indietro»Bologna, Ospedale Maggiore – Foto Michele Nucci/LaPresse

Intervista alla responsabile Salute del Pd «Con la destra arriva la privatizzazione: la flat tax e il Servizio sanitario pubblico insieme non possono stare. Del resto la Lega nel 2019 disse che il medico di base non serviva più»

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 24 agosto 2022

Candidata Pd alle prossime politiche, Sandra Zampa è stata sottosegretaria al ministero della Salute nel Conte 2 ed è rimasta con l’arrivo di Draghi come consulente.

La Sanità è passata dalla stagione dei tagli alla pandemia. Faticosamente si è avviata una fase di ricostruzione.
Il Servizio sanitario nazionale è dal 2009 che viene ridimensionato: prima i tagli di spesa e a seguire la riduzione costante del personale. La stima che si fa, riportata nel programma del Pd, è che fino al Conte 2 abbiamo perso 45mila professionisti in un paese che stava invecchiando ma non invecchiando in salute. Significa avere quote crescenti di popolazione con malattie croniche, necessità di assistenza e controlli. Il combinato disposto tra curva demografica e tagli ha pesato molto sull’offerta sanitaria. Siamo entrati in pandemia con strutture spesso obsolete e differenze territoriali. Dobbiamo riconoscere al ministro Speranza l’inversione di tendenza fatta nel Conte 2: i due miliardi in più all’anno sulla salute sono arrivati allora. A questo si somma l’aver ottenuto molto nel Pnrr, oltre 20 miliardi, e l’operazione potentissima sulle borse di studio per superare l’imbuto formativo, macigno molto serio.

Gli ospedali e i Pronto soccorso continuano a non reggere i carichi perché sotto dimensionati e non valorizzati.
Abbiamo cominciato ad allentare i vincoli sui tetti di spesa, questo è il nodo che il Pd mette tra i punti fondamentali. I tetti vanno abbandonati, serve un piano straordinario sul capitale umano che tenga presente gli sviluppi del settore. Gli infermieri, ad esempio, hanno attraversato un cambiamento di ruolo cruciale, che porterà sollievo ai camici bianchi. Serve un patto importantissimo con i medici ospedalieri: da troppi anni gli stipendi sono fermi, vanno accolte le richieste della categoria. Non è vero, come leggo, che tutti tacciono su questo.

Anche l’organizzazione va ripensata.
I medici ospedalieri sono sotto pressione: erano già in affanno, poi hanno attraversato due anni in prima linea per il Covid. In Emilia Romagna ci sono ambulatorio all’interno dei Pronto soccorso per intercettare i codici bianchi. Le Case di comunità h 24 dovranno alleggerire gli accessi impropri all’emergenza. Nel futuro abbiamo bisogno di concludere il lavoro avviato negli ultimi governi: investire sulla sanità pubblica, abbattere le liste di attesa, vero ostacolo all’accesso alle cure. Occorre quindi reclutare più medici, utilizzare gli specializzandi, liberare i camici bianchi da fardelli impropri (e vale anche per i medici di medicina generale) come la parte burocratica del lavoro.

È rimasta incompiuta la riforma della medicina generale, tassello fondamentale per l’organizzazione della Salute. Perché dite No alla dipendenza dal Ssn?
La riforma deve andare in porto ma diciamo No alla trasformazione dei medici di base in dipendenti del Sistema sanitario. Il Pd nelle Agorà democratiche ha dedicato molto spazio alla discussione sul nuovo inquadramento. L’ipotesi su cui c’è stata convergenza è permettere sperimentazioni su base volontaria nel caso in cui lo chiedessero giovani medici che si stanno laureando, una volta creata la specializzazione in medicina generale (cosa che l’Italia deve raggiungere), ad esempio nelle Case di comunità. È fondamentale che i medici di base comprendano fino in fondo il valore della proposta di lavorare insieme in queste nuove strutture con altri specialisti come infermieri e psicologi. In ogni caso è importante che vengano coinvolti fortemente negli obiettivi di salute del territorio.

La Campania lamenta la penalizzazione della regione nella distribuzione del Fondo sanitario, cosa che potrebbe peggiorare se la destra andasse avanti sull’autonomia differenziata.
La Sanità va stralciata da un disegno di nuova autonomia, su altri temi si può andare avanti ma non su Sanità e Scuola. Serve un riequilibrio di poteri tra regioni e governo attraverso un ministero molto più forte e robusto proseguendo il lavoro di questi tre anni. Berlusconi, nel suo ultimo giro da premier, ha pensato che fosse opportuno abolire il dicastero della Salute: al suo posto il ministero del Lavoro e del Welfare, risorse e competenze perse. Invece ci vuole un dicastero della Salute fortissimo in grado di governare le trasformazioni straordinarie che stiamo attraversando, di assicurare gli stessi livelli di assistenza da un capo all’altro del Paese con un monitoraggio vero sui Lea, accompagnare le regioni che non riescono ad andare avanti con una forma diversa dal commissariamento, che si è rilevato fallimentare in tutte esperienze viste, indirizzando gli investimenti dove servono davvero.

Cosa teme se dovesse vincere la destra?
La mia preoccupazione è che si torni indietro, con la destra arriva la privatizzazione: come si fa a sostenere la flat tax dicendo che però si assumerà e si pagheranno di più i medici? Delle due l’una: o prendi in giro i medici, gli infermieri, il Ssn e, di conseguenza, i cittadini; oppure prendi in giro gli elettori. La flat tax e la sanità pubblica insieme non possono stare. Del resto la Lega nel 2019 disse che il medico di base non serviva più.

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