Sanaa Seif libera. Al-Sisi cancella i sussidi per il cibo
Egitto La giovane attivista egiziana è sull'asfalto dopo 18 mesi di carcere per diffusione di notizie false. Ad abbracciarla la sorella Mona e la madre Laila, ma non il fratello Alaa Abd el-Fattah, condannato pochi giorni fa ad altri 5 anni di carcere. Intanto il presidente annuncia nuovi tagli al welfare per i poveri
Egitto La giovane attivista egiziana è sull'asfalto dopo 18 mesi di carcere per diffusione di notizie false. Ad abbracciarla la sorella Mona e la madre Laila, ma non il fratello Alaa Abd el-Fattah, condannato pochi giorni fa ad altri 5 anni di carcere. Intanto il presidente annuncia nuovi tagli al welfare per i poveri
Sanaa Seif è sull’asfalto: la 28enne attivista egiziana è stata liberata dopo 18 mesi trascorsi nella prigione femminile di Qanater, con l’accusa di diffusione di notizie false e offese a pubblico ufficiale.
Fuori, ad aspettarla, non c’era il fratello Alaa Abd el-Fattah, condannato pochi giorni fa a una nuova pena carceraria di cinque anni. C’era la sorella Mona che poco dopo sui social ha pubblicato una foto che ritrae Sanaa con il suo cane Toka e la madre Laila, anche lei storica attivista per i diritti umani.
Sanaa Seif era stata incarcerata il 23 giugno 2020: stava andando in Procura, al Cairo, a denunciare l’aggressione subita da parte di un gruppo di donne di fronte al super carcere di Tora dove, con Mona e Laila, chiedeva la liberazione dei prigionieri politici a causa della pandemia di Covid-19.
La condanna era arrivata lo scorso marzo: un anno e mezzo, con i mesi trascorsi in detenzione cautelare scalati dalla sentenza finale. Non è la sua prima volta dietro le sbarre: politicamente attiva fin da minorenne, dopo piazza Tahrir aveva proseguito la sua attività a difesa dei diritti socio-economici ed era per questo stata detenuta due volte, dal giugno 2014 al settembre 2015 per partecipazione a manifestazione non autorizzata e di nuovo sei mesi nel 2016 con l’accusa di insulti alla magistratura.
La sua liberazione permette di sorridere, di godere di una piccola gioia, nella consapevolezza che la repressione di Stato prosegue senza sosta. Il tentativo di annullamento della società civile da parte del regime del presidente golpista Abdel Fattah al-Sisi si interseca ormai da anni con politiche economiche che stanno impoverendo sempre di più la popolazione egiziana.
Con un terzo degli egiziani (circa 30 milioni di persone) sotto la soglia di povertà, mercoledì scorso al-Sisi ha annunciato la fine dei sussidi ai nuovi nati e il limite a due membri dello stesso nucleo familiare per chi ancora ne gode: «Non daremo più tessere per i sussidi a più di due membri per famiglia con il vecchio sistema. E con il nuovo sistema, nessuno», ha detto durante l’inaugurazione del complesso per la produzione di gas di Assiut.
Al momento sono 70 milioni gli egiziani che ricevono le tessere di sussidio per acquistare a prezzi calmierati pane, riso, pasta e olio. «Dobbiamo porre fine alla cultura della crescita della popolazione – ha aggiunto al-Sisi – Un figlio, un altro, sei, senza considerare chi pagherà per loro e la loro educazione».
Quest’anno il governo ha investito 87 miliardi di lire egiziane (4,8 miliardi di euro) per i sussidi. Ma ha anche appena acquistato, solo per fare qualche esempio, tre fregate e 16 batterie antiaeree dalla Germania, altre due navi da guerra dall’Italia (1,2 miliardi di euro) e due dalla Gran Bretagna.
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