Di gol memorabili San Siro ne ha visti tanti, e anche qualche autogol. Può succedere anche ai migliori calciatori di buttare la palla nella propria porta. Qualche giorno fa l’autogol per la sua squadra l’ha fatto il sindaco di Milano Beppe Sala, un autogol che però può valere la salvezza del tempio del calcio di Milano. Il Tar ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’amministrazione comunale milanese contro il vincolo che la Soprintendenza ai beni culturali aveva anticipato di dover mettere sul Meazza nel 2025, quando il secondo anello dello stadio compirà 70 anni.

VINCOLO AL SECONDO ANELLO che di fatto impedisce l’abbattimento dell’impianto. Era stato lo stesso Sala a luglio 2023 a chiedere alla Soprintendenza di esprimersi sul possibile vincolo, sperando in una risposta negativa: niente vincolo e via libera all’abbattimento. E invece, come del resto prevede la legge sui beni storico-culturali, nella riunione del 27 luglio 2023 la commissione regionale della Soprintendenza ha espresso all’unanimità un parere positivo «di sussistenza dell’interesse culturale per il secondo anello dello stadio, in vista di futura verifica». Contro quel parere il sindaco Sala ha voluto fare ricorso al Tar e qualche giorno fa è arrivata la sentenza: ricorso inammissibile perché formalmente il vincolo ancora non c’è. E così il sindaco ha dovuto cambiare posizione virando di 360° e allineandosi a chi da sempre chiede di ristrutturare il Meazza.

OGGI BEPPE SALA E’ FAVOREVOLE alla ristrutturazione e ha affidato alla società di costruzioni Webuild la scrittura del progetto che dovrebbe convincere Inter e Milan a restare a San Siro. Entro fine giugno Webuild presenterà il piano alle due società. L’alternativa agitata dai due club milanesi è muoversi verso sud e andare a costruire lo stadio dell’Inter a Rozzano e del Milan a San Donato. Uno scenario che sarebbe catastrofico per il consumo di suolo, l’ambiente e i costi pubblici.

«IO NON CI CREDO» DICE ENRICO FEDRIGHINI, consigliere comunale milanese del gruppo misto e abitante della zona 8 di Milano dove ha sede buona parte dell’area di San Siro. «Rozzano e San Donato non le ritengo opzioni credibili e penso che sottotraccia le due società stiano trattando volumetrie ulteriori nell’area di San Siro».

LA PARTITA VERO SULLO STADIO si è sempre giocata anche su quello che c’è fuori dall’impianto: nel progetto originario di Inter e Milan un nuovo centro commerciale e nuovi palazzi. «Prima, grazie alla legge stadi, demolendo il Meazza avrebbero fatto un’altra City Life, ora non ci sono più quei presupposti da un punto di vista volumetrico, ma sono convinto che vogliano costruire il più possibile. Parlare di Rozzano e San Donato serve quindi a trattare sull’area attorno allo stadio», sostiene Enrico Fedrighini.

IL MEAZZA SOFFIERA’ 100 CANDELINE nel 2026, quando ospiterà la cerimonia inaugurale delle fantomatiche Olimpiadi invernali Milano-Cortina. «Il consiglio comunale dovrebbe chiedere di indire la gara per l’ammodernamento e la gestione dello stadio e per la sistemazione a verde dell’area circostante, ampliando il parco dei Capitani e riorganizzando il sistema dei parcheggi e quello dei trasporti pubblici», dice Luigi Corbani, vicesindaco di Milano negli anni Ottanta e oggi attivo nel comitato Sì Meazza, il comitato contrario all’abbattimento dello stadio. Corbani critica l’affidamento ad personam a Webuild del progetto di ristrutturazione. «Non esiste nel manuale del buon amministratore che una società, appena riempita di soldi dal Comune, venga incaricata dal sindaco – come se fosse un rapporto tra due amici al bar, senza una delibera, una gara, un appalto – di fare il progetto di ristrutturazione, per di più senza coinvolgere i cittadini, gli organizzatori di spettacoli e di eventi, senza il parere preventivo del consiglio comunale. Una procedura simile apre la strada a contenziosi infiniti».

E DI QUESTI TEMPI MILANO, con le inchieste della Procura, di contenziosi su progetti urbanistici ne sta vedendo come mai ne aveva visti prima. La vicenda dello stadio, analogamente a quelle dei grattacieli messi sotto indagine dai magistrati ha fatto emergere l’atteggiamento di subordinazione dell’amministrazione comunale agli interessi dei privati. Dice ancora Fedrighini: «Alla proposta del patron del Milan Gerry Cardinale di fare lo stadio sull’area verde della Maura vincolata al Parco Agricolo Sud un qualsiasi sindaco di un qualsiasi minuscolo comune avrebbe risposto no. Sala invece disse va bene, vediamo il progetto».

L’ALLINEAMENTO DEL SINDACO alla volontà dei club è il peccato originale di questa storia che avrebbe forse potuto avere uno svolgimento diverso se si fosse percorsa fin da subito con i due club la strada della ristrutturazione e dell’interesse pubblico. Ora incombe il ricatto del consumo di suolo a Rozzano e San Donato. «Sala è il sindaco di Milano e della Città Metropolitana, quindi deve evitare ulteriore consumo di suolo e far ritirare alle società le proposte Rozzano e San Donato» sostiene il professore di pianificazione ambientale del Politecnico di Milano Paolo Pileri, che a suo tempo aveva calcolato le emissioni di CO2 che si sarebbero sprigionate nell’aria con l’abbattimento del Meazza. «I club non stanno a guardare queste cose, deve farlo invece la politica».

CONTRO L’IPOTESI DI COSTRUIRE lo stadio del Milan a San Donato è già attivo un comitato locale e si sono fatti sentire anche i monaci che vivono nella storica Abbazia di Chiaravalle, che dista 800 metri dall’area dove sorgerebbe l’impianto. In un pomeriggio di fine febbraio hanno appeso un volantino alla bacheca dell’Abbazia dal titolo inequivocabile: «Uno stadio accanto all’Abbazia!?». Questo il loro appello, «evitate danni irreversibili alla nostra casa comune» hanno scritto i monaci. «Non ci occupiamo di calcio, abbiamo l’unico obiettivo di proseguire il nostro cammino in questa dimora, a disposizione della comunità».

IL MONASTERO CISTERCENSE del 1135 ne ha viste tante ed è sopravvissuto a pestilenze, invasioni, bombardamenti. Ora è il turno dello stadio.