Via D’Amelio, Salvatore Borsellino: «Questo è un luogo sacro»
Palermo La commemorazione a 31 anni dalla strage, assente Giorgia Meloni. Il fratello del magistrato ucciso da Cosa nostra: «Avrei voluto chiederle come mai il ministro Nordio sceglie proprio quest’occasione per esternare la sua volontà di cambiare la norma sul concorso esterno alla mafia». Confermato l'ergastolo per Messina Denaro: è stato uno dei mandanti delle stragi del 1992
Palermo La commemorazione a 31 anni dalla strage, assente Giorgia Meloni. Il fratello del magistrato ucciso da Cosa nostra: «Avrei voluto chiederle come mai il ministro Nordio sceglie proprio quest’occasione per esternare la sua volontà di cambiare la norma sul concorso esterno alla mafia». Confermato l'ergastolo per Messina Denaro: è stato uno dei mandanti delle stragi del 1992
Appuntamento, ieri pomeriggio a Palermo, presso l’albero Falcone e da lì in corteo verso via D’Amelio, dove venne assassinato Paolo Borsellino, nel giorno del 31esimo anniversario della strage. L’iniziativa «Basta Stato mafia», come ogni anno, è organizzata dal Coordinamento 19 luglio, un cartello di associazioni tra le quali il movimento Agende Rosse, Our Voice, Cgil e Usb, per ricordare il magistrato e la sua scorta trucidati dalla mafia. Il percorso è stato scandito dal coro «Fuori la mafia dallo Stato» e dal ricordo del giornalista Andrea Purgatori, appena scomparso, autore di inchieste importanti sul secondo livello di omicidi e attentati di mafia. Alle 16.59, l’ora esatta in cui la Fiat 126 contenente circa 90 chili di esplosivo saltò in aria, è stato osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime.
Il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore, ha accolto il corteo in via D’Amelio: «Questo è un luogo sacro. Siete i benvenuti, sul palco non ci saliranno mai quelle personalità per la cui presenza all’albero Falcone il 23 maggio siete stati fermati impedendovi di unirvi al ricordo». Il riferimento è al corteo disperso dagli agenti in tenuta antisommossa lo scorso maggio per non farlo arrivare dove c’erano il governatore Renato Schifani e il sindaco Roberto Lagalla, sostenuti alle elezioni da Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro. E sulla premier: «Giorgia Meloni ha avuto paura di venire qui, ha avuto paura di contestazioni. Noi di contestazioni violente non ne abbiamo mai fatte, al massimo le manganellate le abbiamo prese. Per quei personaggi verso i quali manifestiamo dissenso non facciamo altro che girarci di spalle e alzare le Agende rosse».
E ancora: «A Meloni avrei voluto chiedere come concilia le parole pronunciate durante il suo insediamento, quando ha raccontato di avere iniziato a fare politica ispirandosi ai principi di mio fratello Paolo, con le esternazioni del suo ministro della Giustizia. Come mai Nordio sceglie proprio quest’occasione per esternare la sua volontà di cambiare la norma sul concorso esterno alla mafia definendolo, inoltre, in maniera sprezzante. Quell’articolo è stato voluto da Falcone e da Paolo. Senza, non ci sarebbe stato il maxiprocesso. Tanti procedimenti giudiziari sono fondati proprio sull’applicazione di quell’articolo. Non dico che Nordio si dovrebbe dimettere ma dovrebbe dire che abbandona questo progetto».
Alla fiaccolata serale, che ogni anno organizza la destra, la premier ha preferito non andare scegliendo «appuntamenti istituzionali». La segretaria Pd Elly Schlein è invece andata il pomeriggio all’albero Falcone: «Mi hanno colpito – ha spiegato – le parole del presidente Mattarella sulla complicità, sulle zone grigie che dobbiamo contrastare» marcando così la distanza dal governo.
La giornata è stata segnata anche dalle notizie arrivate da Caltanissetta dove la Corte d’assise d’appello ha confermato la condanna all’ergastolo del boss Matteo Messina Denaro in quanto uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Il collegio ha accolto la richiesta dei procuratori generali Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono. Il boss di Castelvetrano era già stato riconosciuto colpevole per le stragi del 1993 «sul Continente». Il procuratore Patti: «Questo processo accerta che, nella veste di reggente della provincia di Trapani, Messina Denaro aveva ordito assieme a Totò Riina e agli altri l’inizio e il proseguimento della stagione stragista. Le indagini proseguono: la procura guidata da Salvatore De Luca sta lavorando a tempo pieno sui buchi neri che, come sappiamo, esistono ancora su quella stagione».
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