Salgono contagi e decessi e a Bolsonaro salta il churrasco
Brasile I suoi sostenitori annunciano una marcia a Brasilia per invadere, con il presunto appoggio dei militari, il Congresso e la Corte Suprema
Brasile I suoi sostenitori annunciano una marcia a Brasilia per invadere, con il presunto appoggio dei militari, il Congresso e la Corte Suprema
Con circa 147mila contagi, più di 10mila decessi e un picco che appare ancora lontano, il Brasile sta scalando la classifica dei paesi più colpiti dal Covid-19. E, anche considerando l’esiguo numero di tamponi realizzati – 340mila scarsi, rispetto, per esempio, ai 2milioni e mezzo dell’Italia – si tratta pure di cifre fortemente sottostimate: il numero delle persone infette, secondo uno studio dell’Università di São Paulo, potrebbe essere addirittura 16 volte maggiore, mentre i dati ufficiali dei decessi appaiono incongruenti con il vertiginoso aumento delle sepolture in diverse città.
UNA SITUAZIONE talmente grave da preoccupare persino l’imperturbabile nuovo ministro della Salute Nelson Teich, il quale, contrariando Bolsonaro che lo ha voluto al posto del silurato Luiz Mandetta, ha, seppur timidamente, parlato di lockdown, ad oggi rigidamente applicato solo a São Luis, a Fortaleza e in alcuni municipi del Pará, mentre a São Paulo il governatore João Doria, tra le proteste dei bolsonaristi, ha deciso di estendere le misure di contenimento fino al 31 maggio. A non preoccuparsi neanche un po’ è invece proprio il presidente, il quale aveva persino annunciato per ieri un churrasco al Palácio da Alvorada, continuando poi a ironizzare sul numero di invitati proprio mentre veniva raggiunto un nuovo record di decessi in 24 ore (751). Salvo poi, di fronte alle polemiche, cancellare l’evento, non senza dare ai giornalisti degli idioti per aver creduto al «churrasco fake».
MA IL FINE SETTIMANA rischia di riservare altre sorprese. Il gruppo di sostenitori del presidente accampati da domenica scorsa nella Praça dos Três Poderes, noti come i «300 del Brasile», ha infatti annunciato una marcia su Brasilia al fine di invadere, con il presunto appoggio dei militari, il Congresso e la Corte Suprema: obiettivo, peraltro, già evocato più volte, l’ultima delle quali proprio domenica, in un evento a cui Bolsonaro ha preso parte pronunciando parole sempre più apertamente (auto)golpiste.
Nessuno, tuttavia, sembra avere la forza o la voglia di fermarlo. Non sembrano preoccupare Bolsonaro le 31 richieste di impeachment – un record – che continuano ad accumularsi presso la presidenza della Camera dei deputati con il loro interminabile elenco dei reati da lui commessi: se anche il presidente della Camera Rodrigo Maia mostrasse il benché minimo interesse ad accoglierne una, nessuna garanzia ci sarebbe che la richiesta venisse approvata dal Congresso. Perché, benché disprezzato, Bolsonaro non è Dilma, destituita con il risibile pretesto delle cosiddette pedalate fiscali.
A PREOCCUPARE un po’ di più Bolsonaro c’era l’eventualità che venisse obbligato a presentare il risultato dei tamponi realizzati a marzo (il cui esito negativo al Covid-19 era stato da lui annunciato senza fornire prove), come disposto dal Tribunale regionale federale della Terza Regione (Trf-3). Ma a togliergli le castagne dal fuoco ci ha pensato ora il presidente del Superiore Tribunale di Giustizia João Otávio de Noronha – lo stesso verso cui il presidente ha dichiarato «amore a prima vista» – il quale ha sospeso la decisione del Trf-3 adducendo ragioni di privacy.
RESTA INFINE LA QUESTIONE dell’indagine aperta dalla Corte Suprema per appurare le denunce dell’ex ministro Sergio Moro riguardo alle presunte interferenze sulla Polizia federale da parte di Bolsonaro, deciso a porre a capo della Pf una persona fidata che potesse passargli informazioni riservate sulle indagini a carico dei suoi figli Flávio e Carlos. Ma, chiamato a fornire le prove, Moro ha offerto il 2 maggio una deposizione considerata unanimemente debole, attirandosi l’ironia di chi, ricordando il fragilissimo impianto accusatorio contro Lula, ha evidenziato come le prove non siano mai state il suo forte.
Tuttavia, dopo un lungo tira e molla, il governo è stato costretto a consegnare alla giustizia il temuto video della riunione ministeriale del 22 aprile citata dall’ex ministro, in cui Bolsonaro avrebbe minacciato di destituirlo se non avesse accettato la sostituzione del direttore generale della Pf e del sovrintendente di Rio. Ma che questo servirà finalmente a inchiodarlo è tutto da vedere.
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