Lavoro

Salario minimo, è iniziata la guerra dei nervi

Salario minimo, è iniziata la guerra dei nerviLa presidente del consiglio Giorgia Meloni – Ansa

L'incontro Domani l’incontro, a palazzo Chigi governo al completo. Cresce il nervosismo pre-partita, sarà lunga e complessa. E la questione salariale può trasformarsi in un guazzabuglio tecnico

Pubblicato più di un anno faEdizione del 10 agosto 2023

Domani all’incontro sul salario minimo a Palazzo Chigi alle 17 Giuseppe Conte intende portare i grafici per spiegare alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni il contenuto della proposta di legge delle opposizioni. E cercherà di dimostrare che Meloni ieri ha detto «fake news» sul testo presentato unitariamente dall’Alleanza Verdi-Sinistra, Azione, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Più Europa, tranne Italia Viva.

IN UN VIDEO della serie «Gli appunti di Giorgia», il titolo della rubrica che Meloni tiene periodicamente sui suoi canali social, ieri la presidente del consiglio ha detto che quello di domani sarà un confronto «per capire se c’è il margine per presentare insieme una proposta seria contro i salari bassi». Ha fornito anche una delle possibili versioni del salario minimo che ora rischia di diventare un guazzabuglio tecnico.

PER MELONI, infatti, si rischia un «paradosso»: «Se io decidessi di stabilire per legge una cifra minima oraria di retribuzione per tutti, in un paese in cui i contratti collettivi nazionali sono firmati per il 97% da Cgil, Cisl e Uil, allora mi troverei con un salario minimo legale che in molti casi potrebbe ragionevolmente essere molto più basso del minimo contrattuale previsto. Cioè il paradosso è che il salario minimo rischia di diventare un parametro sostitutivo e non aggiuntivo, peggiorando molto di più i salari rispetto a chi li migliora». Sottilmente polemica Meloni ha aggiunto: «Perché, se il salario minimo è la soluzione, i partiti che ora lo chiedono a gran voce non lo hanno introdotto prima? Forse perché si è consapevoli del fatto che potrebbe non essere una soluzione efficace».

MELONI HA ALLUSO a una delle ipotesi di scuola per cui una o più categorie di imprese aderenti a un contratto nazionale scelgano di uscirne per non pagare il minimo ai lavoratori. Resta però da verificare se e come ciò avverrebbe. Ad esempio il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha più volte sostenuto che i suoi associati hanno firmato contratti superiori ai nove euro lordi di cui parla la proposta delle opposizioni. Queste ultime pensano ai 3,5 milioni di lavoratori estranei alla contrattazione e, in un modo non molto chiaro in realtà, sostengono che solo i contratti al di sotto di questa cifra dovrebbero adeguarsi. Il caso ipotizzato da Meloni potrebbe alludere a tale situazione.

IN FONDO ieri Meloni ha ribadito l’impostazione generale, fino a poco tempo fa non solo della destra. Il salario minimo è contrapposto alla contrattazione nazionale e, in mancanza di una formula ideale che non esiste. può mettere in concorrenza i lavoratori. In realtà non è detto, esistono molte variabili da chiarire e altrettante mediazioni da trovare.

PER LE OPPOSIZIONI «Meloni non ha letto la nostra proposta». «Se un contratto nazionale oggi ha una retribuzione minima di 7 euro – ha precisato Davide Aiello (Cinque Stelle) – con la nostra proposta salirà a 9 euro; ma se essa è fissata a 11 euro tale resterà. Dunque, non potrà mai esserci uno scivolamento verso il basso dei salari».

«SEMBRA una provocazione – hanno detto Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (Verdi-Sinistra) – Se ci ha convocato in pompa magna le opposizioni per ribadire il suo no allora la domanda sorge spontanea. Cosa ci ha convocato a fare?». Dello stesso avviso Riccardo Magi di Più Europa e Arturo Scotto del Pd. Dal gruppo si è distinto Carlo Calenda (Azione), il «pontiere». È stato lui ad annunciare l’incontro di venerdì prima che arrivasse la convocazione di Meloni. «Toni bassi» ha suggerito. E «responsabilità».

MANCANO 24 ORE all’incontro e siamo in una gara a chi tiene i nervi saldi, tra uno scoppio di sarcasmo e un invito a partecipare a un seminario di diritto del lavoro. Nel frattempo le squadre si stanno preparando. La delegazione del governo sarà nutrita: Meloni, i vice Tajani e Salvini, la ministra del lavoro Calderone, i sottosegretari Mantovano e Fazzolari. Non sarà una lezione sui massimi sistemi, né forse solo una «sceneggiata estiva» come ha detto Elly Schlein. Ma il nervosismo del pre-partita è palpabile. E prima o poi il governo farà la sua proposta.

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