«Salario minimo a 10 euro», il Pd fa felice Marchionne
Proposte Elettorali Renzi e Nannicini riprendono la proposta di De Biasi (Fca). Favorevoli anche Sacconi e il M5s. Ma il vero obiettivo è rottamare il contratto nazionale
Proposte Elettorali Renzi e Nannicini riprendono la proposta di De Biasi (Fca). Favorevoli anche Sacconi e il M5s. Ma il vero obiettivo è rottamare il contratto nazionale
Lo chiedeva a gran voce il braccio destro di Marchionne. E ora puntualmente diventa una proposta del Pd, avanzata da Tommaso Nannicini e ieri confermata da Matteo Renzi in persona: «Un salario minimo legale tra i 9 e i 10 euro l’ora». Una proposta che nella volontà del segretario del Pd sarebbe «il completamento del Jobs act» per «mettere più denaro in busta paga». Ma che chiaramente – in quanto «intercategoriale» – punta a depotenziare il contratto nazionale di lavoro che in Italia (come nei paesi Scandinavi) ha sempre stabilito i livelli salariali minimi nei singoli comparti produttivi.
Non a caso ad appoggiare immediatamente la sortita di Renzi arriva prontamente l’ex ministro del Lavoro del governo Berlusconi, quel Maurizio Sacconi che la fa sua, definendola «liberale»: puntando sulla «crescente prevalenza dei contratti, soprattutto di prossimità, sulla legge secondo dinamiche relazionali libere e responsabili. La legge potrebbe offrire ad esse un pavimento inderogabile attraverso la fissazione di un salario orario minimo», conclude Sacconi.
A sorpresa però è il M5s a rivendicare la primogenitura della proposta: «Renzi cerca di recuperare la credibilità che ha perso, copiando le proposte del Movimento 5 Stelle. L’introduzione di un salario minimo di 9-10 euro all’ora è una specifica proposta del MoVimento 5 Stelle (1697) affossata in Senato dal gennaio 2015 proprio dal suo governo», attacca la Nunzia Catalfo, prima firmataria anche del disegno di legge sul reddito di cittadinanza.
A settembre era stato Pietro De Biasi, responsabile relazioni industriali di Fca a lanciare il sasso: «In Italia il contratto nazionale porta conseguenze negative sull’inelasticità dei salari rispetto alla congiuntura. La soluzione a questo è il salario minimo legale: la retribuzione minima non è più fissata dal contratto nazionale e quindi la contrattazione può essere liberalizzata».
Nannicini il 3 gennaio lo aveva anticipato ad Avvenire. «È il momento di introdurre un salario minimo legale che abbracci tutti i lavoratori, all’interno di una nuova cornice per il nostro sistema di relazioni industriali».
La proposta comunque viene criticata anche dentro il Pd. Cesare Damiano chiede un correttivo: «Deve valere solamente per i lavoratori occasionali che non hanno un contratto di riferimento» diversamente c’è «il rischio che spinga le imprese a uscire dal sistema contrattuale (come Fca, ndr) e ad attestare le retribuzioni a quel livello: 10 euro all’ora è bassa».
Da parte sua la Cgil ribadisce la sua storica richiesta: «in Italia un salario minimo, per la quasi totalità dei lavoratori, è già previsto dai contratti nazionali di lavoro. Se si volesse dare forza di legge a quei minimi salariali sarebbe una cosa giusta, basterebbe dare valore erga omnes ai contratti sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative», come auspicato dall’articolo 39 della Costituzione.
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