La storia del movimento «Biennalocene» a Venezia che abbiamo raccontato su Il Manifesto di oggi, non parla solo dei «grandi eventi» che combinano l’alto tasso di spettacolarità con lo sfruttamento e l’invisibilizzazione dei lavoratori necessari per garantirne il successo. Questa storia parla anche di un modello più generale di capitalismo dove la produttività è inversamente proporzionale al livello bassissimo dei salari e delle tutele sociali. Il caso dei lavoratori culturali è clamoroso, ma la loro condizione è generale. È un intero modello di «sviluppo», sempre che questa parola abbia ancora un senso, a fondarsi sull’equazione: ritmi folli di lavoro pagati...