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Sabir, sbarcano le voci della solidarietà

Sabir, sbarcano le voci della solidarietà

Sabir Il Festival dell'Arci sbarca a Roma. Tra concerti, dibattiti e impegno per i diritti. Dal 10 al 13 ottobre alla Citta dell'Altra Economia

Pubblicato 19 minuti faEdizione del 10 ottobre 2024

A dieci anni dalla prima edizione di Lampedusa e a undici da una delle più grandi tragedie del mare, che costò la vita a oltre 630 uomini, donne e bambini, in fuga da Siria, Eritrea e altri Paesi, il Festival Sabir sbarca a Roma, per continuare a tenere al centro della riflessione politica il Mediterraneo.

Roma, non un luogo di sbarco, non è una città toccata dai flussi e dagli arrivi, ma la capitale del Paese, sede delle istituzioni nazionali, cuore della politica e delle decisioni. Il perché è presto detto: vogliamo cambiare la narrazione che il nostro Paese subisce sul tema migranti e, soprattutto, vogliamo aprire uno spazio di riflessione sul Mediterraneo.

Parlarne non è per nulla semplice di questi tempi, se si vuole ragionare di geopolitica, rapporti e questioni internazionali. Non lo è certamente perché quel mare, il nostro mare, su cui si affacciano le nostre coste, è oggi il più grande cimitero a cielo aperto sulla faccia della terra, a causa di una visione esclusivamente securitaria e di leggi fondate sulla discriminazione. Tutto ciò continua a causare una catastrofe umanitaria senza precedenti, che la storia giudicherà con orrore.

Leggi che prevedono l’impossibilità di entrare regolarmente, ormai da decenni, e altre che prevedono la chiusura delle frontiere nei Paesi di sponda sud, con l’apertura contestuale di campi di detenzione illegali per i nostri ordinamenti, ma foraggiati dai Paesi europei per fare “il lavoro sporco”. Ma non solo purtroppo. Il Mediterraneo è scomparso dalle agende politiche dei Paesi membri e anche da quelle della Commissione Europea. Al suo posto le nostre analisi e proiezioni internazionali si fermano su tre versanti: Europa, Nato e Occidente. Punto. Non c’è spazio per nient’altro.

Eppure non dobbiamo andare molto indietro nel tempo per poter rileggere una tensione positiva che guardava saggiamente a sud, oltre il mar Mediterraneo, con uno sguardo e una proiezione euromediterranea.

Basterebbe rileggere la nostra prima Repubblica – troppo presto affossata – quando, ad esempio, Mediterraneo e Medio Oriente non solo erano al centro degli interessi nazionali e dei Paesi europei, ma addirittura l’Italia svolgeva un ruolo di primo piano, visibile e riconosciuto. C’era una vera e propria convergenza d’interessi tra le forze politiche di allora – distanti su moltissime cose – ma con una visione congiunta per ciò che riguardava il rapporto con l’altra sponda del Mediterraneo. E la domanda sorge spontanea: poteva essere altrimenti? No, non poteva e non può essere altrimenti. Ecco perché siamo arrivati alla decima edizione di Sabir, ecco perché abbiamo deciso di sbarcare a Roma, alla Città dell’Altra Economia, da oggi al 13 ottobre, ed ecco perché la forte convergenza delle organizzazioni promotrici continua e si rafforza, pur nelle loro diversità.

La vera sfida rimane quella di non far saltare gli ultimi rapporti umani – fuori dagli interessi di parte – delle organizzazioni della società civile, rafforzando le reti e il dialogo tra sponde, individuando nuovi percorsi comuni e fortificando il linguaggio comune e inclusivo. Del resto il Sabir non era altro che la lingua franca del Mediterraneo, costituita da un un vocabolario misto di italiano, spagnolo e arabo, che serviva a far dialogare tra loro i marinai e i commercianti di tutta l’area. Pensiamo cosa potrebbe voler dire oggi ricostruire un linguaggio comune, a partire dalla società civile, e dar voce a quel Mediterraneo che non vuole arrendersi alle morti di frontiera, alla criminalizzazione delle persone in movimento e della solidarietà. Noi c’incontreremo a Roma proprio per continuare questo progetto comune.

* presidente nazionale Arci

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