Dopo un anno, 10 mesi e 6 giorni le indagini sul Russiagate del procuratore speciale Robert Mueller sono finite: ha consegnato il suo dossier al ministro della Giustizia, William Barr che ha comunicato ai presidenti delle Commissioni Affari giudiziari di Camera e Senato di essere pronto a illustrare, già nel corso di questo fine settimana, «le conclusioni principali». Ha aggiunto che, per stabilire se e cosa pubblicare del dossier, si consulterà sia con il vice ministro Rod Rosenstein e con Mueller stesso.

Per ora quello che si sa è che nel rapporto di Mueller non ci sono nuove incriminazioni. La notizia della fine dell’indagine era nell’aria da settimane. Immediatamente sia Nancy Pelosi, capogruppo democratico alla Camera, che Chuck Shumer, capogruppo democratico al Senato, in una mozione congiunta hanno chiesto la pubblicazione integrale del report, senza censure, in quanto importanti come le conclusioni sono anche i percorsi compiuti da Mueller per arrivarci.

Tutto il Partito democratico, in special modo i candidati alle presidenziali 2020 come Bernie Sanders, Kamala Harris, Cory Booker, hanno lanciato petizioni per chiedere ai cittadini di fare pressioni affinché Barr renda pubblico il report nella sua interezza: il regolamento per i consulenti speciali stabilisce che il procuratore generale può divulgare informazioni se queste sono di pubblico interesse e il rapporto di Mueller, qualunque siano le conclusioni, è il report che più di qualunque altro risponde a tale standard.

Al momento è tutto in mano a Barr, che ha un’ampia discrezionalità su come gestire il dossier, ma non assoluta. Potrebbe non condividere informazioni che sono soggette alle regole di segretezza del Grand Jury in assenza del permesso del tribunale ed è anche probabile che accetti qualsiasi decisione di Trump che ha il privilegio di trattenere alcuni materiali, come le comunicazioni presidenziali o le conversazioni confidenziali tra il presidente e suoi consiglieri.

Il report potrebbe dare la misura delle interferenze straniere nel sistema politico statunitense, dire se Trump e il suo comitato elettorale hanno cospirato con personaggi vicini a Vladimir Putin per danneggiare la corsa alla Casa bianca di Hillary Clinton, e rispondere alla domanda se Trump, depistando o ostacolando le indagini, abbia compiuto il reato di ostruzione della giustizia.

Tutto il dossier, non solo le conclusioni, potrebbe mettere all’angolo il presidente o scagionarlo, potrebbe cambiare il corso della sua presidenza. Il presidente del comitato di intelligence della Camera, Adam Schiff, ha dichiarato alla Cnn di essere disposto ad emettere un mandato di comparizione per Robert Mueller per ottenere un quadro più chiaro del contenuto della sua relazione finale.

Forse per coincidenza, forse no, Mueller ha consegnato il suo dossier in una data interessante: il 22 marzo 1973, 46 anni fa, venne registrata una conversazione tra l’ex presidente Richard Nixon e il suo ex procuratore generale, John Mitchell, in seguito usata per incriminare Mitchell con l’accusa di cospirazione, ostruzione della giustizia e spergiuro per il suo ruolo nello scandalo Watergate del 1972. In questa registrazione si sente Nixon istruire Mitchell per «mettere a tacere» il processo Watergate in corso e «salvare il piano».