Ruspe contro il campo rom sulle sponde del Tevere
Roma Distrutte case, vestiti, libri. La polizia: «Operazione dopo un incendio»
Roma Distrutte case, vestiti, libri. La polizia: «Operazione dopo un incendio»
I segni delle ruspe lasciano poco spazio ai dubbi. Tra le pagine dei libri la terra scura sembra quasi bucare le parole. Si intravedono ancora i teloni impermeabili, il legno che sorreggeva i rifugi di fortuna, i segni dei pranzi preparati sotto gli alberi che si allungano verso il Tevere. E poi i vestiti, le scarpe, qualche tappeto, le pentole di alluminio per cucinare, gli oggetti del quotidiano, i materassi squarciati. Ore 9.30, ponte Marconi, cuore di Roma capitale. Quello che appare è la traccia di uno sgombero duro, con i segni dei cingolati delle ruspe lasciati nelle radure. Un’azione scientifica, sistematica, con del metodo. Nulla a che vedere con la caccia ai Rom delle organizzazioni dell’estrema destra, gli slogan e le urla dei giorni scorsi nelle periferie.
La firma è un’altra e arriva dal Campidoglio. Nessun braccio teso, solo una banale crudeltà.
E’ la storia di un ordinario sgombero. Una pratica d’ufficio qualsiasi, silenziosa, senza la pompa magna della comunicazione sovranista alla Salvini. L’obiettivo erano meno di venti Rom, accampati sotto il ponte di viale Marconi, sulla riva del Tevere. Abusivi, senza dubbio. Ma vittime di un’azione che – secondo le testimonianze raccolte – appare contraria alle regole stabilite a livello internazionale.
V., cittadino romeno sulla cinquantina, è seduto su un muretto di piazza Righi, a duecento metri dall’ingresso del campo. E’ arrivato qui tre settimane fa: «Come ogni mattina ero uscito per raccogliere il cartone e gli abiti usati che poi rivendo. Ora sono rimasto senza nulla, neanche un vestito, hanno distrutto tutto». Si rigira tra le mani un vecchio cellulare, cerca di chiamare il figlio: «Lo hanno portato via con gli altri, non so dov’è, non mi chiama, non risponde». L’unica informazione che è riuscito ad avere lo lascia impietrito: «Mi hanno detto che quando sono entrati nel campo gridavano, ‘Oggi vi riportiamo tutti in Romania’. Non so altro». Una donna anziana racconta l’inizio del blitz di ieri mattina: «Hanno distrutto tutto, avevo le medicine per il cuore tra le mie cose. Mi hanno preso i documenti, mi sono allontanata per andare in farmacia a ricomprare le pillole, sono molto malata. Poi ho avuto paura, ora non so come riprendere i miei documenti, non so dove sono. Come faccio ora?».
I tre uomini e la donna scampati allo sgombero aspettano fino all’inizio del pomeriggio per rientrare nel campo. Iniziano a raccogliere quello che si è salvato, puliscono dalla terra versata dalla ruspa i vestiti ancora utilizzabili, cercano di recuperare qualche pentola, i libri da bancarella. «Questi li volevamo vendere in qualche mercatino», raccontano. Leggono il titolo, L’amore assassino, che fa una certa impressione davanti alla devastazione, mentre inizia a scendere la pioggia su Roma sotto il cielo scuro. Riempiono dei sacchi bianchi, li caricano sulle spalle. Poi si fermano: «Non sappiamo dove andare, che facciamo?». La sala del pronto intervento sociale – la cui presenza è prevista in questi casi – non si è fatta vedere: «Assistenti sociali? Non abbiamo visto nessuno, ci potevano avvisare prima – spiega V. mentre cerca tra i cumuli – come già è avvenuto, in passato, così potevamo almeno recuperare le nostre cose». Caricano sulle spalle i grossi sacchi bianchi, camminano sulle sponde fino a sparire dietro i canneti. Invisibili, inseguiti da quell’immagine delle ruspe pronte a distruggere anche l’apparenza di un rifugio.
Il comando generale della Polizia di Roma Capitale ieri pomeriggio ha diffuso una versione differente: «Questa mattina un intervento del PICS ( Pronto Intervento Centro Storico) della Polizia Locale di Roma Capitale, ha permesso di individuare l’autore di un incendio, propagatosi ieri pomeriggio in Lungotevere di Pietra Papa». La sera prima, confermano anche gli abitanti del campo, in una zona fuori dall’insediamento un canneto aveva preso fuoco. «Ero preoccupato anche io – spiega V. – noi abitiamo lì vicino». La Polizia locale ieri mattina è intervenuta, spiega il comunicato, per individuare l’autore dell’incendio: «L’uomo, N.B, di nazionalità rumena di 41 anni, è stato riconosciuto anche da un testimone oculare ed è stato denunciato per incendio doloso e occupazione abusiva di area demaniale.
Durante l’operazione – prosegue la versione arrivata dal comando generale – è stato individuato l’accampamento abusivo e si è proceduto subito allo sgombero». L’intervento della ruspa è stato confermato dagli ufficiali, che però negano gli eccessi: «Non c’è stata nessuna criticità, nessuna violenza», assicurano dagli uffici del Campidoglio, e «alle persone presenti è stata offerta assistenza alloggiativa da parte della Sala Operativa Sociale, che è stata rifiutata da tutti». Diversa su questo punto la versione dei testimoni ascoltati da il manifesto: «Non ci hanno offerto nessuna sistemazione, sono arrivati, hanno strattonato e buttato a terra una ragazza, poi con la ruspa hanno distrutto tutto, dicendoci che ci rispedivano in Romania con l’aereo». Al di là delle versioni contrastanti ci sono due evidenze che appaiono difficilmente negabili: quei cumuli di terra, vestiti, oggetti personali, pezzi di vita quotidiana distrutti dal ferro della ruspa e la mancata presenza sul posto dei servizi sociali, prevista in questi casi.
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