Il 39mo congresso del Parti Communiste Français (Pcf) si è concluso a Marsiglia ieri con poche sorprese, senza dissipare alcuna delle incertezze sul futuro di un partito indebolito, presieduto da un segretario divisivo e in rottura con l’alleanza delle sinistre francesi, la Nupes.

Fabien Roussel è stato rieletto segretario nazionale con l’80,4% delle preferenze dei delegati comunisti, come annunciato da mesi, in un contesto di tensioni con gli ecologisti, i socialisti e, soprattutto, con la France Insoumise.

Venerdì, inaugurando il congresso, Roussel aveva dichiarato che la Nupes è un’alleanza ormai «superata», invitando gli altri partiti ad aprirsi verso il centro-sinistra liberale, in particolare verso la vecchia nomenklatura socialista che governava il Ps ai tempi di François Hollande. «Dobbiamo allargare il perimetro dell’alleanza», ha detto Roussel al giornale di partito l’Humanité, «abbiamo bisogno di un nuovo Front Populaire… di una sinistra capace di governare».

Gli strali provenienti dalla dirigenza del Pcf – arrivati in piena mobilitazione contro la riforma delle pensioni – hanno provocato una serie di reazioni infastidite. Il nuovo Front Populaire «c’è già e si chiama Nupes», ha reagito la deputata ecologista Sandrine Rousseau su Twitter, mentre Manuel Bompard, capo degli Insoumis, chiedeva ai comunisti di «chiarire» una volta per tutte la posizione del Pcf rispetto alla coalizione, prima di sotterrare l’ascia di guerra in virtù «della battaglia contro la riforma delle pensioni». Dal canto suo, Roussel ha intimato agli ‘alleati’ di «farsi gli affari propri».

Eletto nel 2018 a capo del Pcf, Fabien Roussel ha reso i comunisti la componente più recalcitrante della Nupes, incarnando una nuova linea conservatrice alla testa del Partito. Le sue polemiche con gli alleati a proposito di temi come la laicità e l’islamofobia (parola che il Pcf ha scelto di ritirare dalle conclusioni del congresso di Marsiglia, perché non in linea coi ‘valori repubblicani’), sul nucleare e sulla transizione ecologica, sulle violenze della polizia e sul razzismo strutturale nella società francese, sono divenute ormai un’abitudine nel dibattito che circonda il cartello della gauche.

Tutto questo non sembra però aver arrestato il declino del Pcf. Alle ultime presidenziali Roussel ha ottenuto appena più del 2% dei suffragi, realizzando il secondo peggior risultato di nella storia del partito. L’emorragia di voti è andata di pari passo con quella degli iscritti, malgrado la linea ‘identitaria’ della segreteria. Dal 2016 a oggi, infatti, il partito ha perso circa 10.000 tesserati e, oggi, ne rivendica appena 40.000, mentre le sue organizzazioni giovanili hanno subito una serie di scissioni importanti e debilitanti.

Secondo lo storico Frédérick Genevée, membro del partito, autore di uno studio sulla rivista della sinistra Contretemps, le federazioni locali si fanno sempre più piccole e l’età dei loro componenti aumenta considerevolmente: «Roussel – ha scritto Genevée – dirige un partito che s’indebolisce sempre di più».