Crisi senza precedenti tra Berlino e Ankara
Tensioni in tutta Europa A Colonia e Gaggenau proibite due manifestazioni di ministri turchi per il referendum presidenziale previsto il 16 aprile prossimo. Il governo turco richiama l'ambasciatore tedesco ad Ankara. Erdogan accusa la Germania
Tensioni in tutta Europa A Colonia e Gaggenau proibite due manifestazioni di ministri turchi per il referendum presidenziale previsto il 16 aprile prossimo. Il governo turco richiama l'ambasciatore tedesco ad Ankara. Erdogan accusa la Germania
Sale a dismisura la tensione tra Germania e Turchia dopo che le autorità locali della cittadina di Gaggenau, nel sud della Germania, hanno rifiutato il permesso al ministro della giustizia turco Bekir Bozdag di partecipare a una manifestazione in sostegno alla riforma costituzionale, voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan, votata dal parlamento il gennaio scorso e in attesa della conferma della volontà popolare in un referendum che si terrà il 16 aprile prossimo.
Sempre a Gaggenau, poco dopo lo stop alla manifestazione, è arrivata al municipio cittadino una telefonata anonima che avvertiva della presenza di una bomba nell’edificio. Immediato l’intervento della polizia e politici e personale evacuati, ma nessun ordigno è stato rinvenuto.
Già pochi giorni prima la città di Colonia aveva impedito al ministro dell’energia turco Nihat Zeybecki di partecipare a un’analoga manifestazione di piazza, per paura di possibili disordini e problemi di sicurezza.
Il timore è che la tensione politica che sta attraversando la Turchia tracimi in Germania, dove risiede la più grande comunità turca d’Europa con quasi 3 milioni di potenziali elettori.
Il governo turco ha convocato l’ambasciatore tedesco ad Ankara, mentre il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu ha attaccato le autorità tedesche, accusandole di fare indebita campagna referendaria contro la proposta costituzionale e di adottare diversi standard in fatto di libertà di opinione ed espressione.
La decisione sarebbe stata presa, sempre secondo il ministro, dall’apparato dello «stato profondo» tedesco, un’espressione comune in Turchia per indicare pezzi deviati dello stato, allo scopo di minare il referendum e la possibilità per la Turchia di diventare uno stato potente ed indipendente.
Accuse rispedite al mittente da quasi tutti i parlamentari tedeschi, che in modo trasversale hanno sostenuto la decisione delle autorità locali di impedire ai ministri turchi di fare campagna elettorale attiva in Germania. Il parlamentare Wolfgang Bosbach, appartenente al partito della cancelliera Angela Merkel, ha affermato che critiche da parte turca sul tema libertà di stampa sono da paragonarsi più ad un gioco di prestigio.
L’ennesimo strappo tra i due paesi arriva dopo mesi di pesanti polemiche tra le due parti.
Aveva già ulteriormente esacerbato gli animi l’arresto del giornalista turco-tedesco Deniz Yucel, corrispondente del quotidiano Die Welt, arrestato il 14 febbraio e formalmente accusato di propaganda in favore del terrorismo e istigazione all’odio (caduta invece l’accusa di associazione terroristica) in relazione ad alcuni articoli riguardanti il presunto hackeraggio di email di Berat Albayrak, ministro dell’energia e genero di Erdogan, e ad alcune interviste con Cemil Baykal, uno dei leader del PKK.
Un attacco a Yucel e alla Germania è arrivato direttamente da Erdogan in persona, che in un discorso esplosivo rilasciato in serata ad Istanbul non solo ha accusato il giornalista di essere affiliato al PKK ed una spia tedesca, ma ha anche attaccato l’ambasciata tedesca stessa per avergli dato nascondiglio per più di un mese.
Yucel, che detiene doppio passaporto tedesco e turco, è stato considerato da Ankara come un normale proprio cittadino, elemento che rende palese come ad oggi per un giornalista avere cittadinanza e passaporto turco sia più un rischio che una tutela.
Con Yucel salgono a 155 i giornalisti rinchiusi nelle un carceri turche.
Sempre più distanti quindi i due paesi che più si erano spesi in favore dell’accordo Europa-Turchia sui migranti, entrato in vigore proprio un anno fa.
La Germania sperava con questo accordo di portare a casa un doppio risultato: da un lato bloccare i flussi e placare la montante marea xenofoba, dall’altro mantenere la Turchia agganciata alla diplomazia e alle dinamiche europee.
Questo secondo obiettivo appare ormai del tutto sfumato. Resta da vedere quanto reggerà un accordo che si ostina a definire la Turchia «paese terzo sicuro».
Ma l’avvicinarsi della data referendaria sta scatenando preoccupazioni e tensioni non solo in Turchia, bensì in tutta Europa.
Pesano le parole della Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa su temi legislativi e costituzionali, che ha dichiarato che un’eventuale vittoria del sì al referendum significherebbe «un declino drammatico dell’ordine democratico».
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