Il «fronte repubblicano» come unico imperativo da rispettare, al fine di bloccare i candidati dell’estrema destra e scongiurare la possibilità di una maggioranza assoluta lepenista: una questione di vita o di morte per tanti e tante francesi, che ci si carica sulle spalle nonostante i talvolta considerevoli rospi da ingoiare.

Alcuni sono più grandi e fetenti di altri.

È il caso del seggio di Tourcoing, nel nord del paese, dove l’ultra-conservatore ministro degli interni Gérald Darmanin è arrivato in testa al primo turno, sorpassando di una manciata voti il candidato del Rassemblement National (RN). Finita in terza posizione, la militante per i diritti trans e antispecista Leslie Mortreux, candidata con La France Insoumise (Lfi), ha annunciato di ritirarsi «perché la macronie e l’estrema destra sono separati da solamente 837 voti», e «non possiamo permetterci di far passare il Rn» ha scritto in un comunicato. «Questa decisione è molto sofferta», si legge, «ma non si gioca con la vita della gente».

Il seggio di Darmanin incarna bene tutta la fragilità del «cordone sanitario» resuscitato in questi giorni per sbarrare il passo all’estrema destra. Un ministro simbolico delle peggiori derive autoritarie della macronie, protettore indefettibile dei poliziotti più violenti, accusato di violenze sessuali, riuscirà a mobilitare gli elettori di sinistra, a convincerli della necessità di turarsi ermeticamente il naso per andare a votare domenica?

Nella categoria «ministri detestati» un posto d’onore spetta a Guillaume Kasbarian, candidato nei pressi di Chartres, ministro delle politiche della casa e autore nel 2023 di una delle più severe leggi anti-occupazioni abitative mai varate in Francia, che la fondazione dell’Abbé Pierre ha definito «un affronto ai principi della fraternità e della solidarietà». Arrivato secondo dietro alla candidata del Rn per una manciata di voti, Kasbarian ha beneficiato del – sofferto – ritiro del candidato dei Verdi.

Dilemmi che si propongono in tantissimi altri contesti, anche senza «triangoli».

Raphaël Arnault, giovane dirigente della Jeune Garde, un collettivo antifascista che negli ultimi anni ha tenuto testa alle formazioni della destra più estrema tanto nelle strade quanto nei media, è stato candidato dal Nfp (tramite Lfi) nel sud del paese. Una candidatura rifiutata dal Partito socialista (PS) locale che, in mano a una corrente conservatrice, ha tenuto a presentare un candidato dissidente. Arnault si è piazzato secondo, dieci punti dietro al candidato Rn. Il socialista dissidente, alla fine, ha apportato il proprio sostegno al giovane antifascista: «oublions le passé», ‘scordiamoci il passato’, ha detto al quotidiano La Marseillaise.

In altri seggi, tuttavia, non è affatto detto che le «desistenze» e i travasi di voti decisi dall’alto favoriscano il «fronte repubblicano», talmente la destra estrema sembra aver colonizzato tanto le opinioni quanto le direzioni dei partiti della destra «tradizionale».

Nella banlieue parigina, la candidata del Nfp Amal Bentounsi (Lfi), figura di spicco dei movimenti contro le violenze della polizia, è arrivata seconda davanti al candidato dei Républicains (destra gollista) Régis Sarazin ma dietro alla rappresentante del Rn. Martedì, Sarazin ha annunciato la propria «desistenza»: «Sono anti-estremi», si legge in un comunicato, «e nessuno dei due candidati difende i valori repubblicani che rappresento», ha scritto, rifiutando di dare indicazioni ai propri elettori.

Tra questi ultimi, che rappresentano il 26% dei votanti al primo turno, quanti sceglieranno di restare a casa, quanti di votare per l’estrema destra, e quanti, invece, di sostenere una candidatura antirazzista dei quartieri popolari?

Nel nord-ovest del paese, c’è chi ha dovuto desistersi per qualche decina di voti. È il caso della candidata macronista Sylvie Casenave-Péré, giunta terza alle spalle della rappresentante del Nfp, in un seggio che rischia di essere vinto da Marie-Caroline Le Pen, sorella maggiore della leader del Rn.

Per 35 miseri voti, Casenave-Péré ha dovuto abbandonare la corsa, non senza una certa dose di amertume: «La sinistra non ha alcuna chances di vittoria», ha detto ai media locali. Una frase che non aiuterà i propri elettori a convincersi dell’utilità del «fronte repubblicano».

Ci sono casi, addirittura, nei quali il ritiro in favore di un candidato «repubblicano» rischia di favorire il Rn. Esempio: alla periferia sud di Parigi, il giovane deputato uscente Louis Boyard (Lfi-Nfp) è arrivato primo col 42% dei voti, davanti al candidato Rn-Lr (27%) e al macronista Loïc Signor (23%). Quest’ultimo si è mantenuto al secondo turno, ben sapendo che ritirandosi «alcuni miei elettori preferiranno votare Rn piuttosto che Lfi», ha scritto su X.

Restano poi i ballottaggi ad alto valore simbolico: Stanislas Guérini, ministro, figura chiave della macronie, rischia di essere spazzato via da una candidata dei Verdi nel suo feudo parigino. François Ruffin, figura di Lfi del nord deindustrializzato del paese ma in aperta rottura con Jean-Luc Mélenchon, è al ballottaggio in svantaggio rispetto alla candidata Rn.

Ruffin è stato tra i primi a invocare la creazione di un nuovo Fronte Popolare. Se perdesse, sarebbe un duro colpo: la sua circoscrizione vota a sinistra da sempre, ed è una delle poche ad aver resistito all’avanzata dell’estrema destra nella regione.