«Sono lì» dice Federica indicando le foto su un vecchio armadietto, all’ingresso dell’appartamento nel quartiere romano di Magliana. Una ritrae sua madre seduta su dei gradini di pietra, sorridente, una il fratello e un’altra il padre. Nessuno dei tre è vivo. Prima che morisse, sua madre aveva ricevuto un ordine di sfratto. Durante la pandemia il processo si era arrestato. Quando il tribunale ha riaperto la causa, lo sfratto è ricaduto sulla figlia.

«HO AFFRONTATO tante cose ma questa non riesco ad affrontarla»: le sue parole suonano come un appello disperato e riempiono il salone rimasto vuoto per cinque mesi prima che, nel maggio 2022, Federica si trasferisse. L’appartamento si trova al quinto degli otto piani di cui è composto il condominio. Dalla finestra tutto quello che si riesce a vedere sono un muro nudo di mattoni, le tapparelle verdi delle finestre e i panni stesi ai balconi. Lo spazio tra un palazzo e l’altro è minimo. Federica ha 46 anni, vive da sola e fa le pulizie nelle case. È nata e cresciuta a Magliana, in una casa popolare vicina a dove abita ora. La sua infanzia è stata difficile. Finita la scuola si è trasferita a Ostia, per lavorare in un forno. Nel 2003 è tornata a Magliana per trasferirsi dal suo ragazzo. Dopo essersi separati, è andata ad abitare nell’appartamento dove viveva suo padre. Infine in quello della madre: «Nonostante tutto quello che mi è successo, c’era la casa».

SIA L’APPARTAMENTO del padre che quello della madre di Federica sono di proprietà dell’Istituto nazionale previdenza sociale. L’Inps in tutta Italia possiede 7.000 immobili, di cui l’80% a Roma. Centinaia sono a Magliana. «L’idea originaria era che la previdenza sociale funzionasse in due sensi: preservare i risparmi dei lavoratori e, quindi, preservare i propri beni» spiega Stefano Portelli, ricercatore di Antropologia urbana all’Università di Leicester, nel Regno Unito. Nell’Italia del secondo dopoguerra gli enti previdenziali pubblici hanno investito quasi un terzo del proprio patrimonio in immobili: «Le case erano considerate una cassaforte – continua Portelli – per questo molto del loro patrimonio immobiliare si trova a Roma, perché il mercato della capitale è solido».

È UN TIPO di edilizia definita calmierata, diversa dall’edilizia popolare: «L’edilizia calmierata era destinata alle classi sociali che non avevano né i requisiti per entrare nelle case popolari né la forza per comprare una casa nel mercato privato. Oppure agli sfrattati». Lo ribadisce Franco Moretti, abitante di Magliana e militante storico – non più attivo per motivi di salute e di famiglia – del comitato Magliana non si sfratta: «l’Inps prima era l’Inpdai. L’ente dello Stato investiva i contributi dei dipendenti e comprava le case per avere un patrimonio che doveva essere, in sostanza, un fondo pensioni». L’Istituto nazionale previdenza per i dirigenti di aziende industriali (Inpdai) era un ente pubblico che gestiva le pensioni dei direttori aziendali. Nel 2003 è confluito nell’Inps. Gli appartamenti che l’Inpdai possedeva sono passati a quest’ultimo.

INTORNO ALLA METÀ degli anni Novanta, i governi europei hanno messo in moto la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali. La lunga e complessa operazione di vendita, ancora in corso, ha attraversato diverse fasi legislative. Ognuna di queste ha avuto una ricaduta diretta sulla vita di chi abita negli appartamenti dell’Inps. Lo sa bene Silvia, che vive in un appartamento al sesto piano di via Pescaglia: «Sono nata a Magliana nel 1975. I miei genitori abitavano al Cortilone, un complesso di edifici occupati in questa stessa via». Silvia, come Federica, è figlia di un quartiere popolare. Suo padre faceva il pasticciere, sua madre la casalinga. La sorella maggiore ha iniziato a lavorare dopo la scuola media. Lei subito dopo il diploma. Nel 1997 si è trasferita con suo marito nella casa dove abita tuttora: «Ho sempre pagato tutto, è una questione di convivenza civile».

GRAZIE A UNA SANATORIA, è diventata inquilina titolare: «Nel 2022 mi è arrivata la proposta di vendita della casa. A un mese dal rogito, con una mail mi hanno comunicato che non sarebbero stati applicati gli sconti previsti dal comma 20, perché non ero titolare nel 1999». Silvia si riferisce a un comma della legge 410 del 2001 sulla «privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare». Il comma 20 prevede uno sconto almeno del 30% sulla vendita degli immobili pubblici agli inquilini titolari e che abbiano manifestato una volontà di acquisto al 31 ottobre 2001. In assenza di tale manifestazione, la compravendita si effettua a un prezzo di mercato che, come nel caso di Silvia, tiene conto degli sconti previsti per il diritto di prelazione della conduttrice o dell’occupante, ma non vede applicati gli abbattimenti del prezzo concessi dalla legge 410. Il discrimine è enorme: per una raccomandata non spedita o non accettata quasi una generazione fa, gli inquilini sono in balia di fluttuazioni del prezzo di mercato e di leggi sulla vendita applicate con valore retroattivo. Nel 2017 l’Inps ha firmato un accordo secondo cui il prezzo di mercato degli immobili è fissato dall’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi), un organo dell’Agenzia delle entrate.

L’OMI STABILISCE i prezzi immobiliari solo in base a parametri territoriali. «L’Omi ti dice che un vecchio palazzo a Magliana vale tanto quanto un palazzo che è stato costruito adesso e che non è degradato come i palazzi dell’Inps dove viviamo noi». È proprio in base al comma 20 della legge 410 e al nuovo prezzo di vendita che Silvia, pur avendo inviato la raccomandata che esprimeva la volontà di acquisto prima del 31 ottobre 2001, non può permettersi di comprare casa: «Abbiamo solo la busta paga di mio marito che fa il muratore. La banca non ci fa aprire il mutuo». Quando gli inquilini titolari non possono comprare, la casa secondo la legge 410 deve essere messa all’asta. Silvia ha partecipato a un censimento dell’Usb – Associazione inquilini e abitanti. Il sindacato ha proposto al Comune di Roma di acquistare le case in dismissione degli enti previdenziali. Sia Federica che Silvia continuano a partecipare alle proteste pubbliche che comitati e gruppi di inquilini sotto sfratto organizzano nella capitale. «Questo quartiere, Magliana, non esisterà più – dice Federica -, noi che ci siamo nate e cresciute non saremo più qui. Ci sarà la gente che può permettersi di comprare».

LA PRIVATIZZAZIONE delle case pubbliche degli enti previdenziali sta gentrificando Magliana. Le classi popolari si trovano in una situazione di crescente precarietà abitativa, mentre il prezzo degli affitti a Roma continua ad aumentare. Asia Usb stima che i residenti di circa 400, 500 appartamenti dell’Inps a Roma si trovino sotto sfratto. L’attesa, l’incertezza, la burocrazia e il cortocircuito di un’istituzione pubblica, che di fatto agisce come una società privata, generano paura e confusione. Ci dice Chiara Cacciotti, attivista, antropologa e ricercatrice del progetto Inhabiting Radical Housing del Politecnico di Torino: «La casa deve essere il luogo in cui ti senti sicuro. Ma non nel senso di sicurezza dai ladri o dai criminali. Quella è securitizzazione. Non puoi sentirti sicuro in uno spazio in cui non sai quanto rimarrai. Non sai se i tuoi progetti di vita si incroceranno con quelli della casa in cui vivi. Non hai una rete di relazioni che ti sostiene».
*Questo reportage è stato realizzato nell’ambito della Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio e Lisli Basso