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«Rohani guarda all’Europa per isolare Trump»

«Rohani guarda all’Europa per isolare Trump»

Iran/Usa Parla Ali Hashem, esperto di politica iraniana. «Tehran si muove con cautela per proteggere l'accordo sul nucleare che ha messo fine ad anni di sanzioni economiche. Conta sull'Unione europea per respingere l'attacco di Trump che ha ridato fiato ai conservatori in Iran»

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 15 ottobre 2017

Hassan Rohani punta su un «ruolo costruttivo» dell’Europa per accrescere l’isolamento di Donald Trump. «Spero che tutti i Paesi membri dell’Ue giochino un ruolo costruttivo per il mantenimento dell’accordo e approfittino delle opportunità di collaborazione», ha detto ieri il presidente iraniano tornando a commentare le parole di Donald Trump che non ha certificato l’accordo sul programma nucleare iraniano.

Rompere l’intesa «equivale a mettere a repentaglio la sicurezza e la stabilità della regione e del mondo. Auspichiamo che l’Unione Europea impedisca mosse errate che pregiudichino la pace e la cooperazione internazionale», ha spiegato il presidente iraniano.

Tehran è in allarme. Il passo americano non ha raccolto appoggi nel Vecchio Continente ma Rohani sa che Trump ha aperto una breccia nella corazza dell’accordo e che le nuove sanzioni contro l’Iran decise da Washington presto potrebbero moltiplicarsi.

Non è da escludere inoltre l’adesione di altri Paesi a una politica più rigida nei confronti della produzione militare convenzionale dell’Iran, missili balistici in testa. Ne sono consapevoli Israele e Arabia saudita che, al contrario dell’Europa, hanno accolto con grande favore la mossa anti-Iran dell’Amministrazione Usa. «È stata una decisione coraggiosa di cui mi congratulo con il presidente Trump», ha commentato venerdì sera Benyamin Netanyahu. La Casa Bianca, dice il premier israeliano, ha creato un’opportunità vera per aggiustare un «accordo cattivo». Gioisce anche l’Arabia Saudita che ha offerto pieno appoggio a Trump di cui ha detto di apprezzare la «visione chiara» e l’impegno a cooperare con gli alleati nella regione.

Sui riflessi per la popolarità di Rohani della mancata certificazione dell’accordo da parte degli Usa e sulle contromosse diplomatiche di Tehran, abbiamo intervistato Ali Hashem, esperto di Iran per la stazione tv al Mayadeen e collaboratore del portale di informazione al Monitor.

L’Iran sceglie la prudenza dopo la decisione di Donald Trump di non certificare l’accordo del 2015.

Tehran si muove con cautela perché vuole proteggere un accordo costato negoziati estenuanti e che ha permesso la fine delle sanzioni internazionali e la ripresa delle relazioni economiche e politiche tra l’Iran e il mondo. Rohani e il suo entourage sanno che rispondere con il pugno di ferro al passo fatto da Trump significherebbe fare il gioco dell’avversario e condannare a morte l’accordo. Per questo il presidente iraniano ha ribadito la volontà del suo Paese di rispettare l’intesa e ha lanciato segnali rassicuranti all’Ue.

Rohani vuole un ruolo costruttivo dell’Ue. Cosa chiede esattamente.

L’intervento immediato a difesa dell’accordo fatto dalla rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, è stato molto importante e Tehran l’ha accolto con soddisfazione. I leader iraniani però chiedono qualcosa di più di semplici dichiarazioni. In sostanza si aspettano che i Paesi europei rafforzino le relazioni economiche e politiche con Tehran, che facciamo passi concreti per revocare le rimanenti sanzioni contro l’Iran e che prendano ancora più apertamente le distanze da Trump.

Quanto la decisione di Trump rilancia l’opposizione a Rohani, quella parte dell’establishment che non ha mai creduto agli Stati uniti, neppure quando Barack Obama era al potere.

Trump ha fornito altre munizioni a chi in Iran non ha mai voluto e creduto nell’accordo e la posizione di Rohani, che di quell’intesa è stato uno degli artefici, si è fatta delicata. Le dichiarazioni di Federica Mogherini sono state ossigeno puro per il presidente perché hanno chiarito ai cittadini iraniani che l’Europa non sta tutta dalla parte dell’Amministrazione Usa e che l’Occidente non vuol dire gli Stati uniti. Ciò però non basta a rafforzare il presidente.

La firma nel 2015 dell’accordo aveva alimentato, sull’onda delle promesse di Rohani, parecchio entusiasmo tra gli iraniani. La fine delle sanzioni internazionali era stata presentata come l’inizio di una ripresa economica vertiginosa. I programmi di sviluppo però sono stati realizzati solo in parte e gli investimenti internazionali se da un lato sono stati significativi dall’altro sono rimasti sotto le aspettative. E ora l’accordo viene attaccato e gli Usa impongono nuove sanzioni.

Il siluro sganciato da Trump non avrà affondato Rohani ma l’ha messo una posizione decisamente più precaria, più difficile. E quando, come si prevede nei prossimi mesi, gli Usa approveranno altre sanzioni e misure punitive contro l’Iran, diventerà fondamentale il giudizio della Guida Suprema Ali Khamenei. Il suo sostegno alla linea morbida di Rohani potrebbe non essere più così scontato.

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