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Rogo nel ghetto dei migranti, muore giovane gambiano

Rogo nel ghetto dei migranti, muore giovane gambiano

Foggia Nuovo incendio a Borgo Mezzanone. La vittima vendeva abiti usati che probabilmente hanno alimentato le fiamme

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 27 aprile 2019

Un altro rogo nella notte ha divorato una baracca nell’ex-pista di Borgo Mezzanone. Samara Sacho, un ragazzo gambiano di 26 anni, ha perso la vita tra le fiamme scaturite probabilmente da un corto circuito. Il suo corpo carbonizzato è stato trovato soltanto dopo lo spegnimento dell’incendio da parte dei vigili del fuoco.

Le stesse dinamiche costarono la vita a un altro cittadino gambiano nell’incendio dell’1 novembre 2018, dove bruciarono circa trenta baracche.
Sacho era riuscito a sfuggire al caporalato allestendo un negozio di abiti e scarpe usate, che rivendeva per pochi euro agli abitanti del ghetto.
Secondo quanto riporta Adam, uno dei vicini di Sacho, il ragazzo gambiano abitava nell’ex-pista da almeno 2 anni. Viveva nella sua casa di cartone che fungeva anche da magazzino della sua attività, dormendo circondato da pile di abiti e cappotti che molto probabilmente hanno aumentato portata e velocità delle fiamme, avvolgendolo e non lasciandogli nessuna possibilità di fuga.

La sua baracca dista pochi metri dal perimetro del Cara, in adiacenza della recinzione divelta e attraversata continuamente. Passaggio che permette agli ospiti del Centro di accedere all’ex-pista e viceversa. Nella stessa zona si trovavano i manufatti abbattuti lo scorso febbraio dall’operazione «Law and Humanity», coordinata dalla procura della Repubblica di Foggia. Abbattimento in tre atti, tra febbraio e aprile, di oltre 20 baracche abusive. Questi interventi, secondo il procuratore Vaccaro, sono «finalizzati a far emergere da un lato l’illegalità e l’intollerabilità della situazione, dall’altro si muovono nel rispetto dei diritti di chi ci abita. L’intera pista dovrà essere sequestrata e abbattuta».

Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil nazionale, apprezza il lavoro svolto dalla procura, ma allo stesso tempo afferma che c’è un «mancato coordinamento dalla parte della Prefettura, alla quale erano stati affidati i poteri del commissario straordinario di governo, il prefetto Rolli, per affrontare le questioni dell’accoglienza al fine di trovare situazioni alloggiative dignitose per i tanti lavoratori impiegati in agricoltura».

E’ impensabile trasferire «su base volontaria» braccianti che lavorano nelle campagne di Foggia a oltre 50 chilometri presso casa Sankara in agro di San Severo, unica soluzione attualmente proposta agli abitanti del ghetto.
«Tutto questo percorso – conlcude Mininni – si è inspiegabilmente bloccato e ciò denuncia un irresponsabile abbandono dello Stato, in senso lato, nel voler applicare una legge dello Stato, la 199/2016, e garantire la legalità del lavoro in questo Paese».

A conferma di questo ci sono le parole che sanno di sconfitta di Ibra, bracciante togolese incontrato all’ombra di una baracca di mattoni: «Da due mesi ho difficoltà a rinnovare il permesso di soggiorno, così ho deciso di non rinnovarlo più. Lavoro a Foggia da quattro anni e il mio padrone mi assume per una settimana all’anno, anche se lavoro tutti i giorni. Senza documenti non mi assumerà più e dovrò lavorare in nero da qualche altra parte». Aggiungendosi all’esercito di fantasmi che non esistono su nessun pezzo di carta, alimentando l’alienazione e la rassegnazione collettiva che lentamente s’impossessa di chi sa di non essere nemmeno un numero.

Nel frattempo, in merito alle demolizioni nell’ex-pista, il ministro degli Interni Matteo Salvini fa la voce grossa: «Andiamo avanti, passando dalle parole ai fatti» dando la colpa all’eredità ricevuta dalla sinistra e rivendicando operazioni compiute dalla procura della Repubblica di Foggia.

Quello che invece il ministro degli interni non dice è che Sacho, che fino a pochi mesi fa era ospite del Cara, è andato a vivere nella baraccopoli adiacente a seguito del mancato rinnovo del permesso di soggiorno, condannato a morte dallo stesso decreto sicurezza.
Al di là degli slogan politici, la situazione della baraccopoli è allo stremo. Oltre 1500 persone continuano a vivere in condizioni igienico sanitarie precarie. L’estate foggiana è alle porte e con essa il massiccio impiego di braccia per i lavori stagionali che non spariranno magicamente grazie al decreto sicurezza che, anzi, farà il gioco dei caporali aumentando le fila degli invisibili disposti ad essere sfruttati pur di poter sopravvivere.

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