È stata convocata la Rivoluzione francese, ieri a Versailles. All’interno, il presidente Emmanuel Macron, in applicazione dell’articolo 18 che permette al presidente di rivolgersi al Congresso (Assemblea e Senato), ha evocato i «patti girondini» per delineare la sua visione del futuro e il senso della sua presidenza: una repubblica contrattuale, basata sulla responsabilità e sull’autonomia, un «umanesimo» incarnato nell’«effettività», citazione della filosofa Simone Weil (la seduta è iniziata con un minuto di silenzio in omaggio a Simone Veil, deceduta venerdì). Fuori, la trentina di parlamentari comunisti, che hanno rifiutato di essere presenti, con berretti frigi e riferimenti giacobini, hanno denunciato la «deriva monarchica» di Macron. Nel tardo pomeriggio, la France Insoumise, che ha boicottato Versailles, ha organizzato una manifestazione a Parigi, a place de la République, per protestare contro la «dimensione faraonica» del presidente.

MACRON HA SPIEGATO, con maggiori dettagli, gli impegni che aveva preso in campagna elettorale. Prima di tutto ha annunciato una riforma istituzionale importante: ci sarà un minor numero di leggi, le più importanti verranno valutate dopo due anni di applicazione, ci sarà una «dose» di proporzionale alle elezioni e le tre assemblee – Assemblée, Senato e Consiglio economico e sociale – dovranno ridurre di un terzo i loro membri. Se questa riforma non sarà votata entro un anno, ci sarà il referendum. Efficacia, rappresentatività, responsabilità per rispondere all’«impazienza» dei cittadini verso un mondo politico chiuso nelle «dispute o in azioni vuote».

UNA LUNGA PARTE del discorso (durato un’ora e mezza) è stata dedicata all’Europa. Ci saranno a breve delle «convenzioni» in tutti i territori per «rifondare l’Europa», in coordinamento con la Germania. La «cancelliera tedesca»  è stata l’unica europea ad essere citata. Sui migranti, dopo l’incontro a Parigi di domenica in preparazione delle riunioni della settimana, a cominciare da quella dei ministri degli Interni a Tallin, Macron ha ripetuto che ci sarà a breve una riforma del diritto d’asilo, per rendere più efficienti e veloci le risposte alle domande. La posizione francese è sempre la stessa: accoglienza dei rifugiati, «che corrono rischi reali», ma «senza confonderli con i migranti» economici, la cui migrazione dovrà essere «controllata».

Macron ha anche annunciato che nell’autunno verrà tolto lo stato d’emergenza, che dura da metà novembre 2015, dopo l’attacco terrorista del Bataclan. In risposta alle inquietudini per un trasferimento di alcune norme dello stato d’emergenza nel diritto comune, ha evocato l’intervento del giudice.

MACRON HA TOCCATO tutti i temi. La svolta ecologica, l’importanza degli investimenti nel digitale, l’impegno della Francia in terreni di guerra. Tutto il discorso è stato improntato al «modernismo», al «progressismo», all’«ottimismo» ritrovato, all’obiettivo di vivere in una società che dà «a ciascuno la possibilità di trovare il suo posto». Il riferimento è a Michel Rocard e, prima di lui, a Mendès-France. «Proteggere», dare la possibilità di «autonomia» a tutti, combattere la «parte maledetta» (Bataille) permettendo a tutti di avere un posto nella società, ha un contraltare: la fine dell’assistenzialismo. E le «riforme» profonde del sistema economico e sociale. Questo non è proprio piaciuto a Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise), che pur rifiutando di essere presente, ha subito commentato: un discorso di «una noia mortale», «bonapartismo esagerato, europeismo ebete». Per Marine Le Pen, che ha assistito al discorso a Versailles, «non ne sappiamo di più di quando siamo entrati».

LA POLEMICA riguarda anche i costi della convocazione del Congresso, valutata (da fonti giornalistiche) tra i 200 e 600mila euro. Il Congresso è stato riunito meno di una ventina di volte nella V Repubblica, le ultime nel 2008 da Sarkozy per intervenire sulla crisi finanziaria e nel 2015 da Hollande dopo il Bataclan. Ormai, con Macron, il Congresso sarà convocato ogni anno, una specie di discorso sulla stato dell’Unione Usa in versione francese. Oggi, il primo ministro, Edouard Philippe farà il discorso di politica generale all’Assemblea, seguito dal voto di fiducia. Anche su questo c’è polemica: Macron gli avrebbe rubato la scena.