Giovane, allegro, radicale: sono i tre aggettivi che meglio descrivono il Rivolta Pride, l’imponente manifestazione che ieri sera ha attraversato il centro di Bologna.
Il pride del capoluogo emiliano è prima di tutto giovane: tra le decine di migliaia di partecipanti – cinquantamila secondo gli organizzatori – la gran parte sono under-30. Non una sorpresa nella città che ospita la seconda università del Paese per numero di iscritti. Affianco ai ragazzi sfilano le famiglie. Al centro del corteo fa capolino il trenino dell’associazione Famiglie Arcobaleno con dentro decine di bambine e bambini. Vicini a loro gli striscioni di Associazione genitori di omosessuali e di Genitori cattolici con figli Lgbtq+.

L’allegria è un tratto distintivo dei pride – manifestazioni sempre gioiose e liberatorie. Molte delle associazioni aderenti si sono presentate con carri, casse e dj. Tra i manifestanti abbondano travestimenti ironici o provocatori – unicorni, dinosauri, madonne. In molti, complice la calura estiva, hanno scelto di scendere in piazza semisvestiti. Una scelta politica, che rivendica la libertà di non nascondere il proprio corpo – e di farlo in sicurezza – a prescindere dall’aderenza a canoni estetici mainstream.

La manifestazione bolognese vuole essere radicale a partire dal nome: Rivolta Pride. Un rimando ad uno degli slogan più diffusi nella comunità Lgbtq+, quel «the first pride was a riot», il primo pride fu una rivolta, che rievoca i moti di Stonewall del 1969 da cui nacque la tradizione del pride. «Siamo in piazza prima di tutto contro la violenza sistemica che affligge le persone Lgbtq+, le donne, le minoranze tutte. A maggior ragione quando ci troviamo come controparte un governo fascista che attacca il nostro modo di vivere e di creare relazioni» ci spiega Mylù di Rivolta Pride. Il corteo bolognese, a differenza di quelli di alcune altre grandi città italiane, non accetta sponsor privati né patrocini pubblici. Una scelta che gli organizzatori rivendicano. «Non rifiutiamo il dialogo con le istituzioni, ma lo vogliamo affrontare a partire da una posizione autonoma». Il sindaco di Bologna Matteo Lepore e la sua vice Emily Marion Clancy sono presenti al pride, ma in mezzo al corteo.

Intersezionalità è una delle parole chiave della giornata. «Questo corteo è anticapitalista, antirazzista, antiabilista, femminista» prosegue Mylù. «Penso alle scelte del governo di questi ultimi mesi: l’abolizione del Reddito di cittadinanza, il decreto Cutro, le proposte riempi- carceri targate Fratelli d’Italia: sono tutti modi per attaccare le nostre comunità e il nostro modo di vivere, di negarci una vita bella».

Tra i temi che scaldano la piazza c’è la registrazione all’anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali. Una pratica osteggiata dall’attuale maggioranza, e che ha visto intervenire recentemente procure e tribunali in diverse regioni italiane. Il Comune di Bologna è tra quelli che ha annunciato l’intenzione di continuare a registrare i figli di due madri nati in Italia come all’estero. In piazza si cantano cori a favore di tutte le famiglie e slogan contro la ministra delle pari opportunità Roccella.
«Abbiamo delle proposte scritte dal basso – ci dice Mylù. – In primis una legge per l’autodeterminazione di genere, che permetta una piena transizione senza passare da medicalizzazioni e tribunali. Poi una riforma del diritto di famiglia, che includa per davvero tutte le persone». Proposte dal sapore fantapolitico in questa legislatura. Ma la piazza, affollatissima, non sembra disposta ad aspettare.