Europa

Rimpatri: dall’Uganda al Kosovo prolificano gli hub

L’incontro sulle questioni migratorie con i leader del Consiglio Europeo a Bruxelles foto AnsaL’incontro sulle questioni migratorie con i leader del Consiglio Europeo a Bruxelles foto Ansa

Italian Style Spinta dei leader sovranisti per esternalizzare le politiche sull’immigrazione

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 18 ottobre 2024

A sentire certe proposte ci sarebbe da rabbrividire. Chiamati da Giorgia Meloni a un confronto sull’immigrazione prima del Consiglio europeo, a Bruxelles i leader sovranisti decisi a esternalizzare la gestione delle politiche migratorie non si sono limitati ad esprimere condivisione e apprezzamento per il «modello Albania» voluto dalla premier italiana, ma sono andati oltre illustrando i progetti ai quali, alcun di loro, stanno già lavorando. L’Olanda, per esempio, vorrebbe aprire in Uganda un hub dove spedire i migranti subsahariani a cui è stata respinta la richiesta di asilo per poi rimpatriarli da lì. La trattativa è aperta e, stando a quanto trapelato, da parte di Kampala non ci sarebbero particolari obiezioni. «E’ un’idea seria»,ha assicurato il premier olandese Dick Schoof ai colleghi.

C’è invece chi, come la Danimarca, si è portata avanti con il lavoro siglando un accordo con il Kosovo che – in attesa di poter trasferire i migranti – tanto per cominciare prevede già l’invio nelle celle del carcere di Gjilan, nel sud-est del paese, di 300 detenuti stranieri condannati in via definitiva. L’intesa, approvata dal parlamento di Pristina a maggio di quest’anno, a quanto pare vale per il Kosovo 210 milioni di euro in dieci anni.

Africa e Balcani, un viaggio senza ritorno. E’ solo questione di tempo ma è questa la strada che i falchi sovranisti vorrebbero far imboccare all’Unione europea. Erano undici i leader presenti alla riunione di ieri. Oltre a Meloni, padrona di casa, c’erano quelli di Olanda, Danimarca, Grecia Austria, Cipro, Malta, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria. A loro si unita anche Ursula von der Leyen. Oltre a ragionare sulla possibilità di creare hub per rimpatri nei paesi terzi sicuri, tra gli obiettivi dell’incontro ci sarebbe stato anche quello di far capire alla presidente della Commissione Ue la necessità di agire con urgenza. E von der Leyen «ha capito», riferisce una fonte diplomatica presente all’incontro. A raffreddare gli entusiasmi ci ha pensato però Roberta Metzola. La presidente del parlamento europeo ha ricordato a tutti che prima di attuare una nuova politica per rimpatri, occorra rimettere mano alle normative europee. «Aspettiamo un nuova proposta legislativa» ha detto, assicurando che verrà discussa e valutata dal parlamento.

Lo scontro all’interno del Consigli europeo è comunque ormai aperto e dichiarato. Non certo sulla volontà di fermare gli ingressi irregolari, punto su quale tutti i leader hanno concordato, ma su come farlo. «Dobbiamo fornire protezione coloro che hanno bisogno di protezione e lo faremo sempre, ma non tutti possono venire», ha detto ad esempio il cancelliere tedesco Olaf Scholz. A dividere sono gli hub, sia debbano gestire le richieste di asilo, come il modello Albania, che per rimpatriare i migranti che già si trovano nell’Ue. Confermano l0intesa con le destre, il Ppe si è già detto all’ipotesi di centri per il rimpatrio fuori dai confini dell’Unione. Nettamente contrari sono invece Germania, Belgio, Lussemburgo e Irlanda. Con lo strano caso della Francia che sull’argomento si divide in maniera pesante: mentre dall’Eliseo arriva una netta presa di distanza dalla possibilità di creare hub in paesi terzi, una portavoce governo guidato da Michel Barnier non ha escluso che Parigi possa fare accordi simili a quello tra Italia e Albania.

Un’altra questione riguarda i profughi siriani che si trovano in Libano parte dei quali, in seguito ai bombardamenti di Israele sul paese, in questi giorni sta fuggendo in Siria. L’Ue vorrebbe organizzare «ritorni volontari e sicuri» in patria dal paese dei Cedri, ma anche dall’Europa. «Se lasciano il Libano per la Siria, vuol dire che la Siria è un paese sicuro», ha detto senza tanti giri di parole il cancelliere austriaco Karl Nehammer.

Il vertice si chiude in serata, dopo che per ore il premier polacco Donald Tusk ha bloccato il documento conclusivo che lo impegnava ad applicare la legislazione europea sui migranti. Poi, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel annuncia l’accordo che prevede «partenariati con i Paesi di origine e di transito; lotta alla criminalità organizzata e al contrabbando; controllare meglio i nostri confini; sviluppare politiche di rimpatrio efficaci e promuovere percorsi legali per un sistema ben gestito». Niente di nuovo. Lo scontro vero è rimandato a dicembre.

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