Rimpatri, accoglienza a Cpr, il governo cerca una soluzione alla crisi migranti
Oggi vertice a Palazzo Chigi Le proposte che verranno discusse non sono nuove e tradiscono le difficoltà con cui il governo cerca di far fronte all’impennata di sbarchi sulle nostre coste. Si va dalla (storica) […]
Oggi vertice a Palazzo Chigi Le proposte che verranno discusse non sono nuove e tradiscono le difficoltà con cui il governo cerca di far fronte all’impennata di sbarchi sulle nostre coste. Si va dalla (storica) […]
Le proposte che verranno discusse non sono nuove e tradiscono le difficoltà con cui il governo cerca di far fronte all’impennata di sbarchi sulle nostre coste. Si va dalla (storica) necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali con i paesi di origine dei migranti per dare impulso ai rimpatri, al pressing sui sindaci per coinvolgerli nell’accoglienza. Ma anche a un’accelerazione dell’esame delle richieste di asilo e alla costruzione di nuovi Centri per il rimpatrio (Cpr) che il Viminale vorrebbe almeno uno in ogni Regione, nonché a un coinvolgimento stabile della Difesa nel trasferire velocemente con navi e aerei quanti arrivano a Lampedusa. E poi c’è l’aspetto internazionale, sicuramente al momento l’argomento più caldo da affrontare visto l’allarme ormai pressoché quotidiano che un eventuale collasso economico della Tunisia potrebbe dar vita a una nuova ondata di arrivi come non si vedeva da anni.
Proprio di questo ha parlato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nell’ultimo consiglio dei ministri, dando così lo spunto per la riunione di oggi a Palazzo Chigi sull’ennesima emergenza migranti. A preoccupare c’è la situazione in Libia, e in Cirenaica in particolare, ma soprattutto in Tunisia. Per questo oltre a Piantedosi e alla premier Giorgia Meloni, ai ministri degli Esteri Antonio Tajani e della Difesa Guido Crosetto, ci saranno anche i vertici dei servizi per un aggiornamento sulla situazione internazionale.
Per quanto la crisi tunisina non presenti particolari elementi di novità (ieri il presidente Kais Saied si è fatto rivedere dopo giorni di assenza dovuti a quanto pare a malattia) Tajani si è comunque mostrato ottimista circa la possibilità che si possa arrivare a una soluzione del finanziamento da 1.9 miliardi di dollari del Fmi, bloccato in attesa che Tunisi si decida ad avviare le riforme promesse. «Mi pare che ora la situazione sia di maggiore disponibilità da parte statunitense e francese e dopo la visita del commissario Gentiloni anche da parte europea», ha detto al termine di una riunione sui Balcani occidentali che si è tenuta alla Farnesina. E, contrariamente a quanto avvenuto all’ultimo vertice europeo dei ministri degli Esteri, attenzione a quanto accade in Tunisia sarebbe arrivata anche da parte di altri paesi. Come avrebbero assicurato a Tajani i colleghi svedese, parlando anche a nome degli Stati del nord Europa, e quello francese. Intanto l’Italia, ha ricordato Tajani, ha già stanziato 100 milioni di euro per il paese nordafricano, 50 dei quali destinati alle piccole e medie imprese.
Quanto accade sull’altra sponda del Mediterraneo resta dunque il motivo di maggiore preoccupazione a Palazzo Chigi. Dal primo gennaio al 3 aprile sono stati 28.034 i migranti arrivati in Italia, più del quadruplo rispetto agli sbarchi avvenuti nello stesso periodo del 2022 quando invece furono 6.832. E tutto lascia intendere che alla fine dell’anno potrebbero essere diverse centinaia di migliaia. Per questo, accantonate le illusioni di blocchi navali e missioni europee che per ora Bruxelles non sembra avere intenzione di varare, restano le soluzioni di sempre, che sono aumentare i centri dove rinchiudere i migranti in attesa di rimpatriarli e organizzare l’accoglienza coinvolgendo gli enti locali. A partire dai sindaci. «Il fatto che i prefetti stiano chiedendo ai Comuni di trovare spazi qualsiasi, basta che siano rispettosi della legge, per ospitare le persone risponde alla domanda su quanto è grave l’emergenza» spiega Matteo Biffoni, sindaco di Prato e responsabile Immigrazione per l’Anci. «Stiamo provando a dare una mano, ma siccome si tratta di esseri umani e di comunità che accolgono, non è una cosa automatica».
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