In attesa del progetto sul presidenzialismo/premierato, con la discussione al Senato del disegno di legge sull’autonomia differenziata si è avviato il percorso della controriforma costituzionale. Con un massiccio ampliamento della competenza legislativa ed amministrativa delle Regioni e con un ulteriore rafforzamento del potere esecutivo rispetto al Parlamento. Di fronte alle serie difficoltà di funzionamento del nostro sistema pubblico, sia a livello istituzionale che amministrativo, il Governo di destracentro porta a compimento le tendenze autoritarie e disegualitarie operanti da decenni nel Paese. Le forze parlamentari di opposizione si stanno disponendo a contrastare questo percorso con convinzione, ma con margini di ambiguità su entrambe le “riforme” e di incertezza sulle soluzioni alternative.

Va detto che al fondo di questa ambiguità e incertezza c’è il venir meno della cultura riformatrice della sinistra nella materia dello Stato, per cui, se le cose restano così, le speranze di salvare la Costituzione del 1947 restano affidate alle contraddizioni politiche e all’insufficienza delle competenze nella maggioranza di governo.

Oltre che al referendum confermativo, che ha già bloccato le tentate controriforme costituzionali di Berlusconi nel 2006 e di Renzi nel 2016. In ogni caso il funzionamento del sistema pubblico nelle sue diverse articolazioni continua a peggiorare, sia per le dinamiche interne sia per l’impatto economico e funzionale delle emergenze che si susseguono nella crisi generale, a partire dal Covid che ha aggravato le contraddizioni della sanità e ha messo a nudo le serie difficoltà nel progettare e nel realizzare un Piano nazionale come il Pnrr.

In sostanza la crisi rende evidente la necessità di avere più Stato, una legislazione migliore e più coordinata, più risorse per la finanza pubblica, e invece si va nella direzione opposta. Il problema più che la stabilità dei Governi, è il rapporto tra Parlamento e Governo. Più che i limiti all’autonomia regionale, è il rapporto tra Stato, Regioni e Comuni.

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La funzione legislativa da decenni è svolta dal Governo, che scrive quasi tutte le leggi fatte quasi sempre di norme-provvedimento, in concorrenza con le leggi regionali, ancor più particolaristiche, anche nelle materie a competenza concorrente previste dall’art.117 della Carta. Un intrico che l’autonomia differenziata finirebbe col moltiplicare, e che intanto produce contenzioso costituzionale, ostacola l’esercizio dei poteri pubblici e porta all’impiego sistematico dei Commissari “straordinari”, operanti al di fuori delle leggi vigenti, per le emergenze ma anche per eventi come il Giubileo.

Con la politica economica che continua a sottrarre risorse alla finanza pubblica e ai servizi pubblici, dalla sanità alla scuola ai Comuni, in prima linea di fronte ai cittadini, in situazioni di difficoltà crescente fino al collasso. Rispetto a queste criticità le forze di opposizione intervengono caso per caso ma senza una visione d’insieme, come colpite da una afasia progettuale rispetto alle questioni di sistema. Il fatto è che le politiche di riforma del sistema pubblico seguite fino a ieri dal Pds-Ds-Pd, ma anche dal M5S, anche se fondate su argomentazioni forti hanno contribuito in misura rilevante alla crisi attuale.

Il Pds-Ds-Pd è stato il principale protagonista delle riforme del sistema pubblico degli anni ’90, da Cassese a Bassanini, cominciando dall’elezione diretta dei Sindaci fino alla riforma del Titolo V della Costituzione. Il M5S in nome dell’antipolitica ha reso ancor più debole il Parlamento col taglio dei parlamentari. Si pone oggi, per entrambe le forze, la necessità di una svolta che inizi una nuova fase di progettazione istituzionale sulle innovazioni di sistema, nella quale confrontarsi utilizzando la notevole quantità di materiali prodotti e di competenze disponibili. Occorre, tuttavia, un indirizzo politico inedito e forte che affronti le diverse criticità del sistema pubblico in termini coerenti, oltre che in senso contrario alle linee di controriforma della destra.