L’inchiesta sulla trattativa stato-mafia, il «romanzone» secondo la definizione che ne ha dato Giuseppe Di Lello su questo giornale, nasce dove finisce Sistemi criminali, la prima sui mandanti politici delle stragi mafiose del 1992-93. I pm che la portarono avanti – indagando diversi capi mafia, Gelli, Delle Chiaie e un’altra decina di persone ma non Berlusconi e Dell’Utri pure ampiamente citati e indagati a Firenze in un’inchiesta parallela – hanno poi fatto il salto in politica, prima Antonio Ingroia poi Roberto Scarpinato (oggi senatore M5S). L’inchiesta fu archiviata su richiesta della stessa procura, dopo quattro anni.

Per essere però rilanciata nel 2008 in grande stile sempre da Ingroia, stavolta con Nino Di Matteo, sulla base dei racconti di Massimo Ciancimino, figlio di Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo. L’impulso alla trattativa sarebbe stato di Calogero Mannino, democristiano di peso, preoccupato che Cosa nostra volesse ucciderlo. La trattativa l’avrebbero portata avanti i Ros dei Carabinieri, il comandante Mario Mori e gli ufficiali Subranni e De Donno. Le stragi mafiose sarebbero state un tentativo di Cosa nostra di alzare il prezzo, le sue richieste in un «papello»: abolizione del carcere duro, revisione dei processi e restituzione dei patrimoni. Tra i politici indagati, Dell’Utri e Nicola Mancino, ex ministro dell’interno, intercettato al telefono con il consigliere del presidente della Repubblica Loris D’Ambrosio e poi con lo stesso Giorgio Napolitano.

Il che porta a una deposizione del capo dello stato e a un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale che dà ragione a Napolitano. Il processo di primo grado, cominciato a Palermo nel maggio del 2013, si conclude 5 anni dopo con la condanna di mafiosi e politici per il reato di minaccia e violenza a corpo politico dello stato. Dodici anni per Dell’Utri, Mori, Subranni e il boss Antonino Cinà, 28 anni per Leoluca Bagarella, 8 per il colonnello dei Ros De Donno e per lo stesso Ciancimino. Assolto Mancino. Mannino, stralciata la sua posizione, viene però assolto dalle accuse fino alla Cassazione e in un processo parallelo, quello per la mancata perquisizione del covo di Riina che sarebbe stata oggetto della trattativa, vengono assolti anche gli ufficiali del Ros. E così nel 2021 arriva la sentenza di Appello, che smonta tutto. Condannati solo i boss mafiosi, assolti sia Dell’Utri per non avere commesso il fatto sia i Ros perché il fatto non costituisce reato. La trattativa era stata un’iniziativa «improvvida» dei carabinieri, ma finalizzata a far cessare le stragi.