L’incastro è di quelli complicati, da professionisti dei giochi di palazzo. Lo scandalo scatenato dalla laica Rosanna Natoli ha investito l’intero Csm, con la totalità dei togati che si è convinta della necessità delle sue dimissioni. Nel tardo pomeriggio di ieri il vicepresidente dell’organo di autogoverno dei giudici Fabio Pinelli è andato al Quirinale per parlare con il suo unico superiore: Sergio Mattarella. A quanto si apprende, il presidente avrebbe posto l’accento sulla questione istituzionale che si è aperta dopo la diffusione da parte dell’avvocato Carlo Taormina dell’audio dell’incontro privato andato in scena lo scorso 3 novembre a Paternò tra Natoli e la giudice Maria Fascetto Sivillo, oggetto di svariate inchieste disciplinari a palazzo Bachelet. Mattarella, ovviamente, non è arrivato a chiedere direttamente le dimissioni della consigliera ma non ha fatto granché per nascondere il suo sconcerto per una vicenda che mette in dubbio il prestigio e l’autorevolezza di tutto il Csm, quasi il seguito del caso Palamara che lo portò a parlare di «modestia etica».

E QUI ARRIVA l’incastro: se le dimissioni di Natoli appaiono a chiunque come un atto dovuto quantomeno per motivi di sensibilità istituzionale, le forze politiche che detengono la maggioranza in parlamento sanno bene che un eventuale addio della consigliera aprirebbe un problema serio. La quota dei 3/5 necessaria per eleggere un membro del Csm non è più certa come lo era nel gennaio del 2023, in uno dei momenti di massima vicinanza tra la destra e i centristi di Renzi e Calenda. Allora le opposizioni accettarono di far fare al governo quello che voleva con i laici senza battersi troppo, adesso invece potrebbero tranquillamente giocare tutt’altra partita, puntando allo stallo o quantomeno all’indicazione di un nome tecnico e il più possibile super partes in grado di trovare ampie convergenze. Natoli, va detto, sin qui non ha fatto intuire di volersi dimettere e certo molto peserà il parere del suo nume tutelare, Ignazio La Russa, che l’ha piazzata al Csm in quota FdI dopo la mancata elezione alla Camera nel 2022. La linea difensiva che si sta costruendo per Natoli è tutta politica: mercoledì della settimana scorsa, il giorno dopo lo scoppio dello scandalo, il Csm ha nominato procuratore di Catania Francesco Curcio, che con 13 voti è riuscito a prevalere sul concorrente Giuseppe Puleio, fermo a quota 12 e che in caso di pareggio sarebbe passato in virtù della maggiore anzianità. Natoli non ha partecipato alla seduta e il suo voto sarebbe stato decisivo. Ecco qui allora che da destra si parla di pressioni di non meglio precisati togati per non farla presenziare e decidere così la nomina di Curcio, ma in realtà la questione è ben diversa: il voto mancante a Puleio, infatti, non è stato quello di Natoli, ma quello di un altro laico, Michele Papa, scelto dal M5s. Nessuno si aspettava una sua astensione. Un altro voto considerato certo e invece andato perduto è stato quello del togato di Magistratura indipendente Dario Scaletta, che al momento decisivo si è allontanato dall’aula.

SU QUESTA partita incombe Carlo Taormina, avvocato di Fascetto e responsabile dell’esplosione dello scandalo con la diffusione della conversazione incriminata. Domenica pomeriggio, l’ex sottosegretario si è fatto sentire su X: «Domani salta il Csm», ha scritto minaccioso. Forse pure troppo, perché ancora nulla è saltato, ma molti hanno capito qual è il messaggio sottinteso: forse c’è altro materiale. Cioè c’è altro fango pronto a schizzare in ogni direzione. A dirla tutta, però, la vicenda Fascetto, di per sé, non sembra preoccupare troppo il Csm: dopo la richiesta avanzata da Taormina di ricusare la commissione disciplinare, è stato costituito un nuovo collegio che dovrà decidere il da farsi. Una procedura formale di scarso rilievo per l’opinione pubblica. I fari sono puntati su Natoli e, quasi di conseguenza, su tutti i membri laici del Csm.