Balneari, proroghe scaricate sui Comuni
Gare col trucco Passa anche al senato con la fiducia il decreto Salva-infrazioni. Una norma che fa acqua da tutte le parti e che apre a privatizzazioni ancora peggiori delle attuali e ai rincari sui prezzi
Gare col trucco Passa anche al senato con la fiducia il decreto Salva-infrazioni. Una norma che fa acqua da tutte le parti e che apre a privatizzazioni ancora peggiori delle attuali e ai rincari sui prezzi
Le gare delle concessioni balneari sono ufficiali, ma la legge del governo Meloni fa acqua da tutte le parti. Si tratta del decreto Salva-infrazioni, approvato la scorsa settimana alla Camera e ieri in Senato, sempre con voto di fiducia. La norma consentirà la chiusura di 16 procedure di infrazione in Ue, tra cui quella per la mancata applicazione della direttiva Bolkestein sulla gestione delle spiagge.
Nonostante il diritto imponga di riassegnarle tramite bandi pubblici, l’Italia le ha sempre rinnovate in automatico agli stessi titolari. Ma il testo del governo contiene una parte molto controversa: si tratta della possibilità, per i comuni, di prorogare le concessioni fino al 30 settembre 2027 e prendersi tempo fino al 30 giugno 2027 per concludere le gare.
La Corte di giustizia Ue ha più volte ribadito l’illegittimità delle proroghe sulle concessioni balneari. A dicembre 2021 il Consiglio di Stato aveva annullato l’ultima estensione, quella fino al 2033 decisa dal primo governo Conte, e imposto il termine del 31 dicembre 2023 per fare i bandi sulle spiagge.
Una sentenza durissima, a cui il governo Draghi si era adeguato con la legge Concorrenza del 2021. Ma con il Salva-infrazioni, Meloni ha deciso di cestinare la norma del suo predecessore e di dare altri tre anni di tempo. Con una sottigliezza: non si tratta di una proroga automatica e generale – che non avrebbe potuto fare – bensì di una libera facoltà dei sindaci. A cui il governo ha scaricato la responsabilità, lasciandoli in una posizione difficile.
Prima che il Salva-infrazioni fosse approvato dal consiglio dei ministri, l’Autorità garante della concorrenza aveva diffidato e portato al Tar molti comuni, sollecitandoli a rispettare la scadenza imposta dal Consiglio di Stato. È dunque scontato l’arrivo di nuove denunce per gli enti locali che usufruiranno del tempo bonus. Per ora l’Agcm tace, ma nei prossimi mesi la situazione sarà di caos. La differenza, in questo caso, è che la norma è stata concordata con la Commissione Ue – nonostante fino al giorno prima si opponesse alle proroghe – ma questo potrebbe non bastare ai tribunali né al garante.
C’è un altro aspetto critico del Salva-infrazioni, che riguarda l’assist ai grandi capitali per la gestione delle spiagge. La norma permette ai comuni di privilegiare i grandi investimenti e di accettare offerte al rialzo sugli indennizzi che dovranno essere corrisposti ai gestori uscenti, da parte dei subentranti.
Ciò significa che i bandi favoriranno le realtà finanziarie con più disponibilità economiche, soprattutto nelle zone ad alta valenza turistica, dove gli appetiti sono maggiori. Aprendo così a privatizzazioni ancora peggiori delle attuali, oltre che ai rincari sui prezzi. Altro che libero mercato e concorrenza.
Per questi motivi, la norma è stata criticata dalle opposizioni. Rojc (Pd) l’ha definita «uno tsunami» che si abbatterà sulle coste, favorendo «i gruppi finanziari che non vedono l’ora di mettere le mani sulle concessioni», mentre per Magni (Avs) si tratta di «una pezza temporanea» del governo, per cui «il metodo di rimandare, evitando di assumersi le responsabilità, è ormai una prassi».
Croatti (M5s) ha denunciato che la norma «manca di tutele che impediscano offerte predatorie multiple di chi è economicamente più forte» e «soprattutto, da veri vigliacchi, lascia il cerino in mano ai comuni».
La maggioranza invece ha mantenuto la faccia tosta, nonostante abbia tradito l’impegno a escludere i balneari dalle gare, facendo infuriare l’intera categoria. Il vicepresidente del Senato Centinaio (Lega) ha esortato ad «andare in Europa a chiedere di cambiare la direttiva Bolkestein», pochi minuti prima che si approvasse la legge che l’ha recepita, firmata dal suo stesso governo.
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