Rider sfruttati e insicuri. La procura di Milano indaga
Il caso Violate le norme sulla sicurezza e sull’igiene, ipotesi di caporalato digitale in tre casi
Il caso Violate le norme sulla sicurezza e sull’igiene, ipotesi di caporalato digitale in tre casi
Mancato rispetto delle tutele contrattuali, norme igienico-sanitarie carenti nei contenitori che trasportano il cibo, inosservanza della sicurezza sulle strade e nel lavoro, occupazione di lavoratori stranieri irregolari e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È il fascicolo aperto dalla procura di Milano che, per il momento, procede senza ipotesi di reato e senza indagati contro le piattaforme della consegna di cibo a domicilio attraverso le piattaforme digitali (food delivery) che operano nel capoluogo lombardo.
L’INDAGINE, coordinata dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dal pm Maura Ripamonti, è iniziata a luglio e ha riguardato 30 ciclofattorini («rider»), di cui tre sono risultati stranieri non in regola, identificati durante i controlli a campione condotti dalla polizia locale di Milano. L’ipotesi degli inquirenti è che alcuni fattorini, titolari di un rapporto di lavoro con le piattaforme in questione, abbiano ceduto il proprio account a immigrati senza permesso di soggiorno per ricevere in cambio una percentuale dell’incasso su ogni consegna. In questo caso si configurerebbe un rapporto di caporalato.
Le indagini non riguardano la tipologia del rapporto di lavoro, ma un altro aspetto della logistica leggera metropolitana, ugualmente denunciato dai collettivi autonomi che si sono organizzati per tutelare i diritti dei rider: il mancato rispetto del decreto legislativo 81/2008, il testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che si applica non solo ai lavoratori subordinati ma anche agli autonomi. La carenza di prevenzione, l’approssimazione dell’equipaggiamento e l’imposizione di tempi produttivi, tipici delle consegne a domicilio, aumentano gli incidenti anche gravi.
Gli inquirenti potrebbero contestare reati ai datori di lavoro anche su questo aspetto. «Tutto nasce – ha detto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano – da una fotografia di una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Oramai muoversi di sera in città è diventata una sfida contro le insidie e i pericoli per via di questo sistema di distribuzione del cibo. Con questi rider che, nelle ore canoniche, sfrecciano senza alcun presidio» come i giubbotti catarifrangenti o il casco, «e senza alcuna osservanza delle regole stradali, in contromano o sul marciapiede». Per i magistrati l’economia dei lavoretti (gig economy) crea rischi sia per la cittadinanza che per i lavoratori. L’indagine, dicono, «ci permette di esplorare questo fenomeno che è ampio ed è in espansione ma senza controlli.
LA PROCURA preferisce intervenire prima ed esercitare un ruolo di prevenzione» e «auspica» che altri lavoratori si facciano avanti per denunciare irregolarità o sfruttamento. Solo quando avrà un quadro completo procederà con la formulazione delle ipotesi di reato
*** GIG ECONOMY. In italiano: «Economia dei lavoretti». È un mercato del lavoro dove prevalgono contratti a breve termine, spesso confusi e sovrapposti con le prestazioni di lavoro autonomo, al fine di negare l’esistenza di rapporti di lavoro subordinato e usati per scaricare i costi delle tutele sociali e previdenziali sulle spalle dei prestatori d’opera.
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