Il Congo orientale è percorso da centinaia di milizie ribelli che si contendono il traffico delle ricchezze del sottosuolo di quello che è considerato uno scandalo geologico: c’è tutto, oro, diamanti, coltan… «Dietro ogni gruppo, spiega un missionario di lungo corso che per motivi di sicurezza chiede l’anonimato, c’è sempre qualcuno che sta in città, un parlamentare, un generale, un ufficiale della Monusco oppure addirittura un Paese: su tutti Uganda e Ruanda».

L’M23 È UNA DI QUESTE formazioni ribelli, ma in questi anni è rimasto abbastanza “silente”. Fino all’altro ieri quando ha attaccato con armi pesanti la più grande base militare della regione dell’esercito congolese a Rumangabo (circa 45 km da Goma). Se la base dovesse essere catturata segnerebbe l’azione militare più significativa dal 2013 quando i ribelli furono respinti verso Ruanda e Uganda dalle forze congolesi e delle Nazioni unite. La posizione della base è strategica perché si trova ad est del Parco nazionale Virunga e vicino alla strada che collega le città di Rutshuru e Goma (dove sono stati uccisi il 22 febbraio 2021 l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del Pam Mustapha Milambo.

L’ATTACCO STA CREANDO TENSIONI tra i governi di Ruanda e Congo e nella più ampia comunità degli stati dell’est. Lunedì scorso il Ruanda ha accusato la Repubblica democratica del Congo di aver lanciato razzi nel suo territorio. Mercoledì sia l’esercito congolese che il governo hanno accusato più o meno direttamente il Ruanda di sostenere la ribellione dell’M23, ma Kigali nega. Per la portavoce del governo ruandese Yolande Makolo il conflitto tra le forze armate del Congo e l’M23 è strettamente intracongolese: «Il Ruanda non è coinvolto nei combattimenti, non vuole prendervi parte e desidera invece collaborare con i suoi vicini per trovare una soluzione duratura all’insicurezza nella regione».

Secondo i ruandesi l’esercito congolese starebbe combattendo a fianco delle Fdlr (ribelli hutu ruandesi) che si sono rifugiati nella Congo e si oppongono al regime di Paul Kagame. Il ministro congolese delle Comunicazione Patrick Muyaya ha chiaramente menzionato il sostegno che il Ruanda fornisce all’M23 in violazione del confine, nonché gli accordi firmati con il Congo: «Si stanno cristallizzando i sospetti che l’M23 abbia il sostegno del Ruanda», dello stesso avviso i rappresentanti della società civile locale.

LA RIPRESA DEI COMBATTIMENTI avviene in un momento in cui le autorità di Kinshasa stanno cercando di rilanciare i colloqui diretti con i gruppi armati nel quadro del cosiddetto processo di Nairobi (dove ad aprile oltre 20 gruppi armati congolesi si erano riuniti per colloqui diretti con il governo e nell’ambito delle risoluzioni approvate nel recente vertice dei capi di Stato dell’Africa orientale). La seconda fase dei colloqui sarà a giugno ed è prevedibile che l’M23 o una sua parte non parteciperà. Nella dichiarazione dei capi di Stato di Ruanda, Uganda, Kenya e Congo era stato chiarito che i gruppi asssenti saranno trattati militarmente, con il supporto di una forza militare congiunta dei vari Paesi dell’Africa orientale.

I combattimenti degli ultimi giorni hanno costretto secondo l’agenzia Onu per gli aiuti umanitari Ocha 80mila persone a fuggire dalle loro case, «fuggiamo verso Goma racconta Aline Mundozi, siamo stanchi di guerra, chiediamo al Presidente che ci salvi da questa sofferenza».

IL GOVERNO CONGOLESE con la campagna Bendele Ekweya tè invita la popolazione a sostenere l’esercito perché senza di essa «nessuna forza di sicurezza può riuscire nella sua missione» ha spiegato il ministro Muyaya. Niente di personale, ma prima l’esercito protegga la popolazione e poi certamente il sostegno verrà.