Riaprono le urne a Istanbul, Erdogan dispensa promesse
Turchia Oggi si rivota dopo l’annullamento della vittoria del Chp. E l’Akp cambia strategia: Yildirim copia lo stile-Imamoglu, ma le opposizioni compatte sono avanti nei sondaggi
Turchia Oggi si rivota dopo l’annullamento della vittoria del Chp. E l’Akp cambia strategia: Yildirim copia lo stile-Imamoglu, ma le opposizioni compatte sono avanti nei sondaggi
A qualcuno il voto di oggi per il comune di Istanbul ricorda le politiche del novembre 2015: si era votato cinque mesi prima, a giugno, e l’Akp del presidente Erdogan si era fermato al 40,8%. Seguirono mesi ad alta tensione, con l’attentato di Suruc (33 morti) e quello alla marcia della pace di Ankara (109), un clima di paura con cui il governo infiammò gli animi, costringendo al ritorno alle urne. E a novembre il candidato Davutoglu vinse con il 49,5%.
Quando Erdogan non vince, fa rivotare, pare la lezione. Il 31 marzo scorso, alle amministrative, l’Akp ha perso Ankara e Istanbul, i due simboli del potere politico, culturale ed economico della Turchia. Ad Ankara non l’ha spuntata (confermato il risultato a favore dell’opposizione repubblicana del Chp), ma nella città sul Bosforo sì: il Consiglio elettorale supremo, il famigerato Yks, palese strumento governativo, ha annullato la vittoria del candidato del Chp Ekrem Imamoglu, ottenuto per un soffio: 13.729 voti di scarto sul candidato di Erdogan, l’ex premier Binali Yildirim.
Oggi, dunque, urne aperte in un clima surreale: Imamoglu ha saputo coagulare intorno a sé un’importante fetta della società civile, scandalizzata per l’annullamento del voto (con il repubblicano che ha dovuto riconsegnare le chiavi del comune dopo soli 18 giorni di mandato) e convinta che in questa complessa fase politica il Chp rappresenti l’ultima possibilità di evitare l’annegamento in un mare di autoritarismo e crisi economica.
Tanto che gli altri partiti, che il 31 marzo si erano presentati con propri candidati, stavolta appoggeranno il Chp, nella speranza di replicare quel risultato (al netto di eventuali brogli governativi, spauracchio che si era fatto strada già all’indomani dell’annullamento). Ad appoggiare Imamoglu sarà anche l’Hdp, la sinistra filo-curda. Un appoggio però indiretto: l’Hdp non metterà i bastoni tra le ruote del Chp ma non si presenterà come suo alleato politico.
A monte sta la notizia più eclatante della vigilia: dall’isola-prigione di Imrali, il leader del Pkk Abdullah Ocalan ha consegnato ai suoi legali un messaggio che ha destabilizzato più di un sostenitore dell’Hdp. E un po’ criptico: Apo ha invitato l’Hdp a non entrare nello scontro a due Akp-Chp, ma a restare «la terza via» verso un regime realmente democratico. Per alcuni l’invito a boicottare il voto di Istanbul, per altri a non indicare preferenze.
Alla fine è intervenuto l’Hdp a «interpretare» il pensiero di Ocalan: la strategia politica non cambia, ha detto la leadership del partito, Apo non ha messo in discussione il sostegno elettorale a Imamoglu ma ribadito la necessità di «indipendenza» del partito.
Un elemento non da poco: i curdi a Istanbul sono il 15-20% su 15 milioni di abitanti. Per questo Istanbul vale la Turchia: per il suo peso politico, ma soprattutto per quello economico. Il suo Pil è il 31% di quello nazionale (166 miliardi di dollari) e il budget della città è pari a 7,5 miliardi di dollari l’anno, un tesoro di appalti e lavoro in cui Erdogan sguazza dal 1994. Basti guardare agli ultimi mega progetti infrastrutturali, dal nuovo aeroporto al terzo ponte sul Bosforo.
Per tenersi stretto quel tesoro Yildirim ha cambiato strategia: le ultime settimane lo hanno visto mescolarsi alla gente, far visita ai quartieri invece di optare per mega comizi, circuire i tradizionali sostenitori delle opposizioni, a partire dalla comunità curda, concentrarsi su questioni economiche piuttosto che, «à la Erdogan», premere troppo sul tasto della paura e dell’instabilità. Il tentativo estremo di copiare lo stile-Imamoglu, un semi sconosciuto capace di attirare consenso, seppur privo del controllo dei media e di un bagaglio di tre anni di epurazioni.
Perché se è vero che a Istanbul le convinzioni politiche sono radicate, è anche vero che il 16% dei suoi cittadini il 31 marzo non ha votato e che la distanza certificata è stata di 13mila voti. Da cui le promesse elettorali dell’Akp: riduzione del 46% nel costo dell’acqua e del 10% del gas e sussidi alle famiglie povere.
Potrebbe non bastare: i sondaggi danno il Chp davanti, seppur di poco, per la capacità di attirare anche i delusi dell’Akp che non hanno affatto gradito l’annullamento del voto.
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