«Riapriamo il Pd, rilanciamo il sociale. Ma il partito serve»
Democrack/Intervista La senatrice Rossomando: Zingaretti ha unito il centrosinistra ma serve un congresso vero. E anche un luogo delle donne
Democrack/Intervista La senatrice Rossomando: Zingaretti ha unito il centrosinistra ma serve un congresso vero. E anche un luogo delle donne
Senatrice Anna Rossomando (Pd, vicepresidente del senato, ndr) è normale convocare oggi un congresso per il prossimo anno, come farà il Pd?
Se intendiamo la chiamata ai gazebo certo sarebbe surreale. Ma per congresso io intendo una discussione ampia, non solo tra gli iscritti, una rigenerazione del centrosinistra e della sinistra da avviare al più presto. Per ripartire abbiamo bisogno di dare voce a un civismo che c’è e vuole partecipare. Abbiamo subìto la più grande sconfitta dal dopoguerra, dobbiamo affrontare le disuguaglianze e le ingiustizie che la globalizzazione ha provocato, riscrivere un manifesto di valori e un programma. Tornare al Pd delle origini non basta: perché già nel 2008 è arrivata la crisi a cambiare tutto. O ripartiamo dalla crisi sociale, o non ripartiamo.
Ma fra autosufficienza, segretario candidato premier e amalgama non riuscita, non c’era già un baco in quel Pd?
Era una proposta calata in quel tempo. Oggi va rivista. Il Pd, anche per la nuova legge elettorale, non può e non deve far passare l’idea di autosufficienza. Ma una cosa deve essere chiara: il partito serve. E anche per questo serve un segretario a tempo pieno. Non possiamo parlare della ’nostra comunità’ e poi non chiamarla per nome. Oggi la destra dà risposte, sbagliate ma le dà. Ma dà anche molta identità. La sinistra sta rinunciando a farlo. Ci accusano di aver spinto sui diritti civili e trascurato quelli sociali. È vero che abbiamo sottovalutato la richiesta di tutela che veniva dal lavoro. Ma noi, la sinistra, in tutto il mondo siamo quelli che tengono insieme diritti civili e sociali. Dobbiamo rivendicarlo.
Però M5s ha vinto contro il vostro jobs act e contro la vostra legge Fornero. La sinistra Pd, a cui lei appartiene, non ha nulla da rimproverarsi?
Noi dal 5 dicembre 2016 abbiamo provato a discuterne nel Pd, proponendo un tagliando al jobs act. Anche la nostra piattaforma congressuale, la cosiddetta mozione Orlando, conteneva proposte su questo.
Il manifesto di Calenda per andare «oltre il Pd» le piace?
Ogni contributo alla discussione va bene. Nel merito, ci sono cose che mi convincono e altre no. Soprattutto la sfida della destra deve essere sul sociale ed è lì che dobbiamo trovare la nostra nuova spinta.
Nicola Zingaretti sarà il vostro futuro candidato?
Il congresso ultimamente è diventato primarie sul leader. Vanno cambiate le regole: la fase costituente dev’essere la prima fase del congresso. Zingaretti è autorevole e ha dimostrato sul campo la capacità di unire il fronte del centrosinistra. Il Pd non può non essere un fattore aggregante.
Di Maio ha iniziato ad affrontare la questione dei rider. Perché voi che eravate al governo non l’avete fatto?
Abbiamo sbagliato. Le pur buone cose fatte non sono ancora sufficienti. Tanto che due giorni fa abbiamo presentato una serie di proposte su occupazione e welfare. Fra queste il tagliando a jobs act e Fornero. Siamo comunque in ritardo, non c’è dubbio.
Così per voi fare l’opposizione non sarà facile.
Ma quando porteranno le loro proposte? Dal reddito di cittadinanza alla flat tax, assistiamo a un continuo rinvio. Nel 2013 nonostante la ’non vittoria’ e l’elezione del capo dello stato, di questi tempi noi stavamo votando la legge sul voto di scambio mafioso, su proposta del Pd. Loro propongono ma non fanno.
Puntate sul loro fallimento?
No, non faremo opposizione come l’hanno fatta loro. E comunque non è automatico che il loro fallimento ci riporti il consenso. Per questo serve una proposta nuova e forte.
Sui migranti, al netto delle affermazioni incivili di Salvini, la linea del governo è quella inaugurata da Minniti. Che una volta si era fatto scappare anche la proposta di chiudere i porti.
Non è così. Minniti investiva sulla collaborazione sia dei paesi del Mediterraneo che quelli dell’Ue. Qui siamo agli antipodi. Difficile cambiare il trattato di Dublino, firmato quando Maroni era ministro dell’interno, litigando con tutta Europa.
Sui vitalizi al senato cosa succederà?
Intanto è inaccettabile affrontare il tema senza coordinamento e accordo fra le due camere. Alla camera la scorsa legislatura abbiamo stabilito un contributo di solidarietà sui vitalizi alti senza incorrere nel rischio di incostituzionalità. Non porsi questo tema, oltre a quello dei costi effettivi, significa fare propaganda.
C’è un problema di presenza femminile nel gruppo dirigente Pd? Che vi succede?
A Renzi va riconosciuto il merito di aver chiamato molte donne al governo, e solo giovani donne capolista alle europee del 2014. Ma poi c’è il tema dello spazio che si dà all’elaborazione femminile. Personalmente, il riconoscimento di luoghi autonomi di elaborazione sarà uno dei fattori su cui sceglierò il prossimo segretario. Abbiamo lasciato deperire la Conferenza delle donne. Penso che debba essere ripresa proprio come era: un luogo di elaborazione aperto anche alle non iscritte.
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