La premier Meloni costretta a una mezza retromarcia sulle nomine nelle grandi partecipare. Dopo una notte di braccio di ferro con alleati e colleghi di partito (in primis Crosetto), proseguito per tutta la giornata di ieri, alla fine Meloni ha perso la battaglia dell’Enel.

IL SUO CANDIDATO, L’ATTUALE ad di Terna Donnarumma, è stato silurato dalla tenaglia Lega-Fi, che ha ottenuto come ad Flavio Cattaneo (scelto da Berlusconi per la Rai nel 2003, ora in quota Lega e graditissimo al ministro Giorgetti) e come presidente Paolo Scaroni, fortemente voluto da Gianni Letta per conto di Berlusconi. Sul nome di Scaroni (già ad di Enel scelto dal Cavaliere tra il 2002 e il 2005) la trattativa è stata durissima. Meloni non lo voleva per le sue simpatie filorusse e ha fatto di tutto per promuovere Donnarumma.

Ma alla fine, nel difficilissimo risiko delle poltrone, ha scelto di resistere sul nome dell’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani alla guida di Leonardo (anche lui sgradito agli alleati e al ministro della Difesa che voleva l’interno Mariani), rinunciando al suo uomo per Enel. Per consolare il cofondatore Crosetto, alla presidenza del colosso militare e dell’aerospazio andrà Stefano Pontecorvo, già ambasciatore in Pakistan e poi Alto rappresentante civile della Nato in Afghanistan.

Quanto all’Eni, la conferma di Claudio Descalzi (in carica dal 2014) non è mai stata in discussione. Dopo molti tira e molla la presidenza andrà al comandante (in scadenza) della Gdf, il generale Giuseppe Zafarana, altro nome gradito a Salvini.

SE GLI APPETITI DI FORZA ITALIA sono stati placati con il sofferto sì al ritorno Scaroni, la Lega ha chiesto e ottenuto di più: oltre a Cattaneo e Zafarana anche la presidenza di Terna per Igor De Biasio, consigliere di amministrazione della Rai in quota Carroccio dal 2018 e ad di Arexpo (su indicazione del governatore lombardo Fontana).

L’ad della società che gestisce la rete elettrica sarà Giuseppina Di Foggia, fortemente voluta da Meloni e prima donna al vertice di una grande società partecipata. Per Donnarumma un doppio smacco: né promozione a Enel e neppure conferma a Terna. Ma Meloni ha già pensato di ricompensarlo con la guida di «Cdp Venture Capital», una controllata di Cdp. Ma la decisione finale spetta all’ad Dario Scannapieco, molto vicino a Draghi.

INFINE, LE POSTE. Anche qui c’è la conferma di Matteo Del Fante, scelto da Gentiloni nel 2017 e poi confermato da Conte. Alla presidenza va Silvia Rovere, presidente di Assoimmobiliare, moglie del presiednte di Bnl Andrea munari e molto sponsorizzata dal sottosegretario di Fdi Giovanbattista Fazzolari, che ha seguito le trattative per conto della premier.

Le due novità principali sono gli ad di Enel e Leonardo, Cattaneo e Cingolani. Il primo, marito di Sabrina Ferilli, dopo l’esperienza in Rai è stato alla guida di Terna dal 2005 al 2014, tra il 2016 e il 2017 ha guidato Telecom, è stato consigliere di Generali e ad di Italo, di cui è attualmente vicepresidente esecutivo. É anche presidente di Domus Italia, società immobiliare del gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone.

Cingolani, laureato in Fisica, fondatore del laboratorio nazionale di nanotecnologie e primo direttore dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, arriva a Leonardo nel 2019 come responsabile Tecnologia e innovazione. Il suo nome diventa improvvisamente noto nel 2021, quando viene suggerito da Beppe Grillo per la guida del neonato ministero della transizione ecologica nel governo Draghi. Una casella su cui il fondatore del M5S punta moltissimo, spingendo per il sì dei militanti del M5S all’ingresso in maggioranza facendo leva proprio sulla novità del nuovo dicastero.

Ma l’idillio finisce quasi subito, quando il ministro si dice favorevole al nucleare e al metano. Dopo le elezioni del 2022 ha accettato il ruolo di consigliere per l’energia di palazzo Chigi. Il suo nome è stato suggerito a Meloni da Descalzi, che ieri però ha smentito di essere kingmaker: «Una cosa non vera e anche poco sensata, non metto il naso in altre società».

MELONI NON È RIUSCITA A FARE l’asso pigliatutto, a costruirsi una sorta di cdm ombra, e questo è il dato politicamente più rilevante di questa tornata di nomine. Salvini porta a casa la pelle, e così anche Giorgetti, che ha materialmente firmato le liste per i cda di tutte le società tranne Terna (i nomi saranno ufficializzati da Cdp) e ha predicato la linea di una trattativa soft.

E tuttavia la Lega ha evitato la Caporetto quando Salvini ha fatto alzare di molto i toni ai capigruppo Molinari e Romeo: tra martedì e ieri hanno ringhiato alla premier che la Lega non avrebbe accettato «l’uomo solo al comando». Una minaccia che, evidentemente, ha colpito nel segno. Nomine «frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze, un ottimo risultato del lavoro di squadra del governo», le parole di Meloni.