Secondo il governo ciadiano sono «50 le persone uccise e almeno 300 i feriti» dopo gli scontri di giovedì nella capitale N’Djamena e a Moundou, seconda città del Ciad, tra polizia e manifestanti contrari alla proroga del periodo di transizione di 24 mesi e alla rinomina di Mahamat Idriss Déby Itno a presidente ad interim.

La protesta, vietata dal governo, è stata convocata dai partiti di opposizione ed è subito degenerata in violenze e aggressioni nei confronti di migliaia di manifestanti. «È stato un tentativo di colpo di stato, i manifestanti erano armati e addestrati a tecniche di guerriglia», ha dettto il capo del governo, Saleh Kebzabo, giustificando l’uso delle armi da parte dell’esercito.

Il governo ha imposto il coprifuoco per ristabilire l’ordine e sono state vietate per 3 mesi le attività dei partiti e delle organizzazioni politiche coinvolte, in particolare Les Transformateurs e la coalizione Wakit Tama. Il leader del partito Les Transformateurs, Success Masra, ha indicato su Twitter «un bilancio di almeno 70 vittime in tutto il paese, con le forze di sicurezza che hanno brutalmente represso la volontà del popolo di protestare contro un presidente illegittimo». Dello stesso tono le dichiarazioni di Yaya Dillo, presidente del Parti Socialiste sans frontière du Tchad (Psf) che ha accusato l’esercito di «aver utilizzato proiettili veri contro manifestanti inermi per compiere una strage premeditata».

Lo scorso 6 ottobre l’Assemblea denominata Dialogo Nazionale Inclusivo e Sovrano (Dnis), faticosamente aperta il 20 agosto dopo molteplici rinvii, si era chiusa indicando una «transizione prolungata di due anni verso elezioni trasparenti» e con la designazione a presidente di Mahamat Idriss Déby Itno. Già proclamato, lo scorso 20 aprile 2021, a capo di un Consiglio militare di transizione (Cmt) composto da 15 generali, il giorno dell’annuncio della morte del padre, Idriss Déby Itno, ucciso al fronte durante uno scontro con i ribelli, dopo aver regnato con il pugno di ferro per 30 anni. In quell’occasione i generali avevano promesso «elezioni libere e democratiche al termine di un periodo di transizione di 18 mesi» (scaduto il 20 ottobre), dopo lo scioglimento del parlamento e l’abrogazione della Costituzione.

L’assemblea è stata successivamente boicottata da una larghissima parte dell’opposizione politica e della società civile che denunciava una «successione dinastica al potere», anche perché introduceva «la possibilità per Mahamat Déby di candidarsi alla presidenza al termine della transizione».

Il presidente della Commissione dell’Unione africana (Ua), Moussa Faki Mahamat, ha condannato «i responsabili della repressione che ha portato alla morte di numerosi civili in Ciad». Stéphane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres, invita le parti ad «astenersi da qualsiasi violenza nell’interesse della pace e della stabilità del paese».