Hanno fatto il giro delle case palestinesi e del mondo intero le immagini di Wael Dahdouh, capo della sede di Al Jazeera a Gaza, che rende omaggio al figlio giornalista Hamza ucciso due giorni fa insieme al collega Mustafa Thuraya in un attacco aereo israeliano a Rafah. Forte il dolore di Dahdouh che ad ottobre aveva già perduto la moglie, un figlio, una figlia e un nipote in un raid aereo. Profondo è il dolore per tutti i giornalisti di Gaza che conoscevano bene Hamza e Mustafa, gli ultimi nomi tra 109 operatori palestinesi dell’informazione uccisi dal 7 ottobre. I due free lance talvolta lavoravano anche per media stranieri. Per il Jerusalem Post invece Hamza e Mustafa erano solo dei «presunti» reporter, a conferma dell’idea generale che si ha nei media israeliani dei colleghi palestinesi: attivisti politici se non addirittura «terroristi» che si presentano come giornalisti senza esserlo in realtà. Non sorprende che la morte di tanti reporter palestinesi non abbia suscitato reazioni apprezzabili tra i giornalisti israeliani, con qualche rara eccezione. Sempre il Jerusalem Post si è affrettato a sottolineare che i due «presunti» giornalisti uccisi, per l’Esercito erano «terroristi impegnati in attività che minacciavano la sicurezza» delle forze militari israeliane. Perché avevano alzato in volo un drone (per fare delle riprese dall’alto). «Le forze armate israeliane non hanno mai e non prenderanno mai di mira deliberatamente i giornalisti», ha ripetuto il portavoce militare. Eppure, ogni giorno, si allunga l’elenco di giornalisti uccisi.

Antony Blinken, che quasi al termine del tour mediorientale sostiene di aver trovato i leader di Emirati e Arabia saudita e di altri paesi arabi determinati a impedire che il conflitto tra Israele e Hamas a Gaza si estenda, è giunto ieri sera in Israele, accolto dalla giornata più insanguinata dall’inizio dell’anno. Che potrebbe rendere vano l’impegno che il segretario di Stato starebbe portando avanti per impedire un allargamento del conflitto nella regione. Ore prima del suo arrivo, Israele ha assassinato in territorio libanese, a 10 km dal confine, Wissam Al Tawil, uno dei principali comandanti militari di Hezbollah. Un colpo duro che spinge verso il baratro di una guerra vera e propria tra Israele e il movimento sciita libanese. L’assassinio di Al Tawil è stato accolto con soddisfazione dai comandi militari israeliani e dal gabinetto di guerra guidato dal premier Netanyahu. Si sarebbe trattato di una risposta all’attacco di Hezbollah contro le postazioni radar e di intelligence di Israele al Monte Meron, che sua volta era stata una reazione all’assassinio di Saleh Aruri, il numero due di Hamas, compiuto da Israele la scorsa settimana a Beirut.

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Israele comunica di aver ammazzato a Gaza un comandante militare, di Hamas, nel quadro della cosiddetta terza fase dell’offensiva di terra. Questi omicidi e gli attacchi violenti e improvvisi «contro Hamas» a Khan Yunis in particolare, sarebbero un aspetto di questa nuova fase che vede l’esercito israeliano anche impegnato a creare un corridoio da est a ovest fino alla costa, poco sotto Gaza city, volto a spaccare in due la Striscia. In questo modo l’Esercito, oltre a consolidare il controllo completo del nord di Gaza annunciato nei giorni scorsi, può tenere confinati in appena 200 kmq di territorio meridionale circa due milioni di palestinesi, lanciando operazioni mirate in determinate aree per mesi e mesi, fino a raggiungere, afferma Tel Aviv, la «distruzione di Hamas». Che nel frattempo non appare affatto morto e lancia razzi, ieri anche verso Tel Aviv, e realizza agguati contro le truppe occupanti. I comandi militari sostengono di sapere dove si nasconda il capo di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, ma, spiegano i media, non lo colpirebbero perché si troverebbe in tunnel sotterranei assieme a decine dei circa 130 ostaggi israeliani. Alcuni dei sequestrati sono prigionieri di altre organizzazioni armate. Ieri il Jihad islami ha diffuso un video in cui appare un ostaggio nelle sue mani.

Gli attacchi israeliani nella notte di domenica e ieri hanno causato il più alto numero di vittime palestinesi giornaliere dall’inizio del 2024. Le forze israeliane hanno bombardato la parte orientale di Khan Younis e il centro della Striscia. A Deir al Balah, 18 membri della stessa famiglia sono stati uccisi nel sonno da una bomba ad alto potenziale. 247 persone sono state uccise in 24 ore secondo i dati del ministero della sanità che ha aggiornato a 23.084 il numero totale dei palestinesi morti sotto i bombardamenti. Da giorni è sotto pressione per l’elevato numero di feriti l’ospedale Al Aqsa, dichiarato zona rossa da Israele, e dal quale sono andate via le ong internazionali, come la britannica Medical Aid for Palestine, perché non ci sono più le condizioni di sicurezza per il suo personale medico. Quasi tutti i 2,3 milioni di abitanti di Gaza sono fuggiti dalle proprie case almeno una volta e molti si stanno spostando di nuovo, spesso rifugiandosi in tende improvvisate o rannicchiati sotto teloni cerati. Centinaia di famiglie di Rafah stanno scappando dalle loro abitazioni sotto la spinta, denunciano fonti locali, dei carri armati israeliani che avanzano.

A Gerusalemme ieri mattina, dozzine di israeliani, hanno bloccato la strada di ingresso della Knesset al grido «Dimettiti» rivolto a Netanyahu. Il premier è accusato di usare la guerra e i suoi tempi in apparenza ancora lunghi per prolungare il suo potere e provare a recuperare i consensi perduti il 7 ottobre con l’attacco a sorpresa di Hamas.