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«Regole di ingaggio», la Guardia costiera tira in ballo il Viminale

«Regole di ingaggio», la Guardia costiera tira in ballo il ViminaleIl comandante della guardia costiera Vittorio Aloi – Ansa

Mediterraneo Il comandante della capitaneria di porto di Crotone Vittorio Aloi fa riferimento alle prassi di intervento condizionate dal ministero dell'Interno. E aggiunge: «Le operazioni le conduce la guardia di finanza finché non diventano di ricerca e soccorso». Resta il mistero sul caso Sar 384

Pubblicato più di un anno faEdizione del 2 marzo 2023

«Spesso le “regole di ingaggio” non sono del ministero da cui provengo (Infrastrutture, ndr) ma da quello dell’Interno». Incalzato dai cronisti davanti alla camera ardente di Crotone, dove sono allineate 67 bare, il comandante della locale capitaneria di porto Vittorio Aloi aggiunge un tassello al puzzle di responsabilità che potrebbe comporsi intorno al naufragio di Steccato di Cutro. Tre giorni dopo la strage tra i relitti del caicco ondeggia ancora la domanda fondamentale: chi ha deciso di classificare la segnalazione di Frontex come evento di polizia (law enforcement) e non di ricerca e soccorso (Sar)?

La risposta non è semplice e rischia di perdersi nei meandri di quanto avvenuto in Italia negli ultimi 20 anni: la torsione del sistema istituzionale di tutela della vita umana in mare sotto le pressioni delle politiche anti-migranti provenienti da terra. Una cosa, però, è certa: in questa storia le responsabilità si sommano, non si escludono.

PARTIAMO DA FRONTEX. Ieri con un nuovo comunicato l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne ha chiarito di aver segnalato una barca che procedeva autonomamente e non mostrava segni di pericolo. A bordo era visibile un uomo, ma le telecamere termiche facevano intuire la presenza di altre persone sottocoperta. Stavolta Frontex non dà numeri precisi, come i 200 riferiti martedì all’Ansa di Bruxelles, ma aggiunge che la segnalazione è stata inviata all’International Coordination Centre (Icc) dell’operazione Themis. Questa nel 2018 ha sostituito Triton e si focalizza sulla sorveglianza aerea del Mediterraneo centrale. In copia, però, ci sono altre autorità competenti. Tra loro la centrale operativa della guardia costiera di Roma, come ammesso da lei stessa martedì.

La componente italiana dell’Icc è la Guardia di Finanza (GdF) che ricevuta la segnalazione manda due mezzi a cercare il target. Non lo trovano e, affermano le fiamme gialle, rientrano a causa delle proibitive condizioni meteo. Qui va aperta una parentesi perché ieri Aloi ha smentito che ci fosse mare forza 7. «A noi risulta forza 4», ha detto. Informazione confermata dai bollettini meteomar dello Ionio meridionale di sabato notte e domenica mattina.

I resti del barcone sulla spiaggia calabra di Steccato di Cutro, foto di Ansa

ARRIVIAMO ALLA GC: sostiene di aver ricevuto le prime segnalazioni di pericolo alle 4.30 di domenica mattina. Solo a quel punto avrebbe aperto un caso Sar, con tutte le procedure previste. Implicitamente questa versione afferma che la mail di Frontex non configurava un evento in cui la vita umana era in pericolo. Ma i conti non tornano. Perché nella descrizione del barcone c’erano già tutti gli elementi che avrebbero potuto far attivare il meccanismo di ricerca e soccorso.

Lo dice la giurisprudenza italiana che in diversi pronunciamenti ha chiarito, rifacendosi alle convenzioni internazionali, che tutte le barche di migranti sono da considerare a rischio sin dalla partenza. Lo ha spiegato il 3 maggio 2017 l’ammiraglio Nicola Carlone, attualmente comandante generale della Gc, in audizione al comitato di controllo parlamentare su Schengen: «Risulta pertanto evidente che una nave con centinaia di persone a bordo non possa essere abbandonata alla deriva, per di più priva delle più elementari condizioni di sicurezza, sovraccarica, senza un equipaggio professionale, né idonee attrezzature e strumenti di navigazione». Lo spiega il regolamento Ue 656/2014 su Frontex all’art. 9 che elenca diverse delle caratteristiche rilevate sul barcone.

MA CHI DOVEVA DICHIARARE il Sar? L’agenzia europea ieri ha declinato ogni responsabilità: «spetta alle autorità nazionali». Anche il suo velivolo, però, avrebbe potuto invocare la ricerca e soccorso. Anche. Perché su questo le norme sono chiare: qualsiasi soggetto che abbia notizia di un natante in pericolo può farlo. Perfino un’imbarcazione privata. A essere coinvolto è quindi tutto l’indirizzario a cui Frontex ha inviato la segnalazione. Ognuna delle istituzioni che l’hanno ricevuta avrebbe potuto attivarsi. Una colpevole sottovalutazione o sono arrivati ordini diversi dall’alto? Dalla Gc di Roma? O dal Viminale che, pur non avendone titolo, si è ricavato un ruolo crescente nella gestione dei migranti nel Mediterraneo attraverso il National coordination center (Ncc)? Soprattutto dal 2019, quando all’Interno c’era il leghista Matteo Salvini, ora alle Infrastrutture.

«LE OPERAZIONI le conduce la guardia di finanza finché non diventano Sar», ha detto Aloi. Una dichiarazione che fa capire come quando di mezzo ci sono i migranti posporre l’intervento di soccorso è una prassi consolidata. Stavolta però è finita in tragedia. Anche perché per il caicco l’evento Sar non è stato dichiarato nemmeno dopo che due navi della Gdf, con ben altra tenuta del mare, sono state costrette a rientrare a causa delle condizioni meteo.

Il primo Inmarsat sul caso Sar 384, lanciato venerdì 24 febbraio alle 20.44 Utc (cioè 21.44 italiane)

AI TANTI INTERROGATIVI ancora aperti, a cui politica e magistratura dovranno rispondere, si aggiunge quello del caso Sar 384. Tra le 21.44 di venerdì e le 13.46 di sabato, ore italiane, il centro di coordinamento per il soccorso marittimo della guardia costiera di Roma (Imrcc) ha inviato quattro messaggi Inmarsat, una sorta di fax che arriva alle navi in zona, per chiedere di tenere alta la sorveglianza rispetto a un barcone in distress. Cioè la terza fase di un evento Sar, quella di maggiore pericolo. Non ci sono coordinate ma l’evento è riferito allo Ionio.

Per ora non è dato sapere se fosse proprio il caicco o un’altra imbarcazione. Aloi ha detto di non saperne nulla e la guardia costiera non ha risposto alla richiesta di chiarimenti che il manifesto ha inviato martedì. Ha 30 giorni per farlo. Non si tratta di un tipo di informazione classificata.

Errata Corrige

Nella versione di questo articolo in edicola il 2 marzo è riportato erroneamente che il quarto messaggio Inmarsat sul caso Sar 384 è delle 5.57 di domenica 26 febbraio. Invece, come scritto correttamente qui, è delle 13.46 di sabato 25 febbraio. 

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