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Regioni contro il governo sulle risorse per la sanità

Regioni contro il governo sulle risorse per la sanità – Ansa

Legge di bilancio Lettera, con richieste, ai ministri Schillaci e Giorgetti: basta coprire le mancanze del Governo in cambio di qualche aiutino contabile. Lo scontro nasce dai nuovi Lea

Pubblicato 28 giorni faEdizione del 10 ottobre 2024

Le Regioni si sono stufate dell’inerzia del governo sulla sanità e ora presentano il conto in vista della nuova legge di bilancio. Le richieste sono contenute in una lettera firmata dal responsabile della commissione salute delle Regioni, l’emiliano Raffaele Donini.

La lista è lunga e corposa: le Regioni chiedono un «incremento del livello di finanziamento del Ssn per avviare un percorso di progressivo allineamento a quello garantito nei principali Paesi europei», il «ripristino delle risorse già assegnate alle Regioni dal Fondo complementare al Pnrr per 1,2 miliardi» e poi cancellate dal governo, «misure per superare le criticità legate alla governance del settore dei dispositivi medici con particolare riferimento al sistema del payback» (la quota a carico delle imprese per coprire gli sforamenti della spesa sanitaria prevista), «il finanziamento della maggior spesa farmaceutica», «le risorse necessarie per attuare le misure di riduzione dei tempi di attesa di erogazione delle prestazioni sanitarie (…), le politiche di sanità pubblica a partire dal nuovo Piano Pandemico Nazionale e dal Piano di Prevenzione Vaccinale e di Immunizzazione 2023-2025 (…) e incrementare i livelli di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, incluso il rafforzamento degli organici dei Servizi dei Dipartimenti di Prevenzione». Misure che valgono diversi miliardi, forse una decina e certamente più dei due che, secondo le indiscrezioni, il ministero dell’economia prevede di assegnare alla sanità nella prossima finanziaria.

La lettera porta alla luce uno scontro finora rimasto sottotraccia. Le Regioni non intendono più coprire le mancanze del Governo in cambio di qualche aiutino contabile. Anche perché anche quelle minime forme di «leale collaborazione» con Roma stanno venendo meno. Lo scontro infatti scoppia per un nodo su cui da tempo i governatori attendono rassicurazioni. Il governo rinvia da anni l’entrata in vigore delle nuove tariffe per le prestazioni specialistiche ambulatoriali e protesiche.

La revisione prevede la gratuità per le prestazioni rientranti nei nuovi Livelli essenziali di garanzia (Lea) che le Regioni sono tenute a assicurare alla cittadinanza grazie a un finanziamento apposito. Anche nel 2024 il governo ha disposto il rinvio al primo gennaio 2025. I fondi aggiuntivi necessari per sostenere questa transizione, tuttavia, sono già stati assegnati alle Regioni nel fondo sanitario nazionale 2024 stanziato dal governo con l’accordo delle Regioni.

Si tratta di 631 milioni per il 2024 e di 781 per il 2025. Anche se nuovi Lea e tariffe sono rinviati, con il tacito accordo del governo le Regioni stanno usando questi fondi per far fronte ad altre spese correnti perché il fondo nazionale non basta. A marzo la Ragioneria dello Stato ha chiesto al ministero della Salute di bloccare quei fondi impegnati per altri scopi, mettendo così a rischio i bilanci regionali.

Dopo aver promesso un intervento, in sei mesi il governo non ha dato «formale conferma rispetto alle rassicurazioni» e anzi ora progetta una legge di bilancio votata all’austerità. È abbastanza: la lealtà delle Regioni verso il governo Meloni si ferma qui.

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