Regione Lazio, Zingaretti senza maggioranza: «Programma condiviso o elezioni»
Il riconfermato presidente propone al Consiglio regionale un'agenda in 10 punti. Pirozzi non ci sta, il M5S sì ma dall’opposizione
Il riconfermato presidente propone al Consiglio regionale un'agenda in 10 punti. Pirozzi non ci sta, il M5S sì ma dall’opposizione
«Un dato inedito che non ci può sfuggire. In questa nuova legislatura per la prima volta nessun gruppo in Consiglio è legato ad una maggioranza predefinita. Non esiste una maggioranza». Nel suo discorso di insediamento alla Pisana, il riconfermato presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti non nasconde «che questo scenario rappresenta un fattore di difficoltà per l’esecutivo». Ma ai consiglieri riuniti assicura che se, «al di là delle mozioni di sfiducia, strumento legittimo di condizionamento» (la prima è stata depositata ieri da FdI), «la «situazione che si è determinata con il voto del 4 marzo» dovesse trasformarsi in «immobilismo patologico», «sarò io stesso – dice – a farmi garante per promuovere lo scioglimento del Consiglio e indire nuove elezioni».
INCASSATO IL SILENZIO/ASSENSO di LeU, tornata nei ranghi dopo aver perso la partita dell’assessorato al Lavoro (la delega è andata all’ex sindacalista Claudio Di Berardino e non a uno dei due nomi proposti dagli alleati della coalizione di centrosinistra considerata un modello a livello nazionale), il governatore dem si trova ora a fare i conti con il problema maggiore: costruire una maggioranza che se non può essere politica deve essere quanto meno programmatica. Per questo Zingaretti ha proposto ai gruppi consiliari «uno sforzo per mettere giù un’agenda comune su grandi riforme su cui impegnarci da subito». Un programma in 10 punti, quello che ha illustrato sperando di convincere soprattutto il M5S e il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, uomo di centrodestra ma battitore libero.
Una timeline che vede come primo atto l’approvazione del bilancio. Di seguito: Piano sociale regionale in favore delle fasce più deboli, Piano paesaggistico, Testo unico del commercio («per semplificare la vita delle imprese, tutelare la dignità del lavoro e favorire la rete distributiva»), questione rifiuti («almeno il 70% di raccolta differenziata» e piano condiviso con il Campidoglio), riordino del sistema delle autonomie (governance di Roma Capitale e «superamento delle province»), legge sul diritto alla conoscenza Lazio Adisu (programma di diritto allo studio, per «rimettere al centro i giovani»), piano triennale del turismo 2018-2020 con annessi «Stati generali» che Zingaretti ha proposto al Consiglio di indire, opere pubbliche («Non una legge», ma «una potente massa di risorse che a questo punto sono destinate agli investimenti per le opere pubbliche») e infine la sanità, tra le sfide più difficili.
PROPRIO IERI IL GOVERNO ha confermato per tutto l’anno corrente Zingaretti come «commissario ad acta per l’attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale», malgrado la giunta si sia arricchita di un assessore alla Sanità, Alessio D’Amato. E lui, il commissario dem, ha spiegato che, oltre ai «720 milioni per intervenire sulla rete ospedaliera», sta pianificando di lavorare insieme ai «candidati presidenti miei concorrenti per ripensare il modello sanitario regionale».
UN PROGRAMMA, QUESTO, che potrebbe pure convincere il M5S, se non ci fosse la partita politica nazionale. «La nostra posizione è quella dell’opposizione. Hic manebimus optime», ha giurato la capogruppo grillina Roberta Lombardi, assicurando però la disponibilità dei pentastellati a «lavorare su temi concreti». Meno conciliante invece Pirozzi. «Io capisco quello che ha fatto: ha parlato ad personam», dice bocciando l’agenda di Zingaretti e accusandolo di «propaganda politica». Poi chiede, a nome dei «cittadini del Lazio», di sapere «chi è maggioranza e chi opposizione». Senza un “fronte” che divida in due il Consiglio c’è chi proprio non sa fare politica.
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