«Se ce n’era bisogno, è emersa ancora una volta e con ulteriore chiarezza che le autorità egiziane non hanno, né hanno mai avuto, nessuna intenzione di collaborare e si fanno beffe del nostro sistema di diritto». I genitori di Giulio Regeni, Claudio e Paola, probabilmente se lo aspettavano. Ieri, davanti al Gup di Roma – ennesima udienza relativa all’omicidio del giovane ricercatore friulano avvenuto in Egitto tra il 25 gennaio e il 2 febbraio 2016 – è comparso il capo dipartimento per gli Affari di Giustizia presso il ministero di via Arenula, Nicola Russo, a cui il magistrato aveva chiesto ulteriori indagini, tramite i Ros, per trovare gli indirizzi di casa dei quattro esponenti della National Security egiziana indagati, in modo da poter notificare loro gli atti.

«Nessuna risposta dalle autorità egiziane», ha riferito Russo spiegando che l’ultima, inutile sollecitazione «risale al 6 ottobre». «Siamo andati in Egitto dal 13 al 15 marzo per sollecitare le autorità ad acquisire informazioni sugli imputati – ha raccontato – Sul caso Regeni però la Procura generale egiziana, l’unica autorità competente, ha ribadito che resta valido quanto contenuto nel decreto di archiviazione per i quattro, firmato dai magistrati egiziani nel dicembre scorso. In Egitto non si potrà più aprire un procedimento per il caso Regeni nei loro confronti per il principio del ne bis in idem». Va ricordato che a luglio la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Roma che chiedeva di procedere anche senza la disponibilità dei recapiti, adducendo la notorietà del caso come “veicolo” di notifica certa delle indagini. Le motivazioni della Cassazione non sono state ancora rese pubbliche.

Durante l’udienza di ieri, il pm Colaiocco, responsabile del fascicolo, ha chiesto all’esponente del governo Draghi se si potesse ricorrere al trattato Onu sulla tortura adottato nel 1984 e a cui ha aderito anche l’Egitto. «Riteniamo – ha risposto Russo – che sia una scelta di ordine politico; si valuterà con il nuovo ministero della Giustizia». In questo stallo, il Gup ha aggiornato il procedimento al 13 febbraio rinnovando ai carabinieri del Ros la richiesta di proseguire le ricerche.

A questo punto non resta che sperare in un sussulto di dignità da parte della prossima premier Giorgia Meloni nel raccogliere l’appello lanciato da 13 organizzazioni per i diritti umani italiane ed egiziane affinché si interrompa la fornitura di armi all’Egitto e la cooperazione con il golpista al-Sisi in materia di migrazioni, energia e difesa, e affinché si rilanci il processo sulla tortura e l’assassinio di Giulio Regeni.