«Non avete paura che se i referendum nei territori occupati dall’esercito russo dovessero passare la situazione peggiorerà ulteriormente?» chiedo a un gruppo di militari in disparte nei pressi delle fosse comuni di Izyum. «Non cambierà proprio nulla – rispondono quasi all’unisono -, si tratta solo dell’ennesima buffonata di Putin».

Eppure ieri le «votazioni» sono iniziate. E le virgolette sono d’obbligo perché, come hanno spiegato le agenzie russe Tass e Ria Novosti, fino al 26 settembre si terranno direttamente nelle case dei cittadini «per motivi di sicurezza»; l’ultimo giorno utile, il 27, i residenti dovranno recarsi ai seggi elettorali. Nella pratica alcuni funzionari delle amministrazioni filo-russe, accompagnati da poliziotti armati, da ieri mattina hanno iniziato a bussare alle porte delle case delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina e di Donetsk e Lugansk nell’est.

LE AUTORITÀ DELLA REGIONE di Kherson hanno dichiarato che potranno votare anche i residenti di una piccola area controllata dalle forze armate di Mosca nella vicina provincia di Mykolayiv, che è stata «incorporata» a Kherson fino a quando «tutto l’oblast di Mykolayiv non sarà conquistato dalle forze russe».

A palesare la dinamica del voto è stata la stessa tv di stato russa, che ha trasmesso un video nel quale gruppi di «scrutatori» si recavano in un quartiere residenziale e uno di questi gruppi era accompagnato da un ufficiale di polizia a volto coperto con in braccio un fucile d’assalto. Si è appreso che le autorità hanno aperto anche dei seggi ordinari in alcune città del territorio russo e a Mosca per i «rifugiati» ucraini attualmente in territorio russo.

IVAN FEDOROV, SINDACO UCRAINO di Melitopol, nella regione di Zaporizhzhia, ha dichiarato ad Associated Press che «i russi riscontrano un’enorme riluttanza e paura a partecipare al referendum e sono costretti a portare persone… per costruire un’immagine e una parvenza di votazione». Secondo l’ex-primo cittadino, tali stranieri sono trasportati dalla Crimea. Fedorov ha aggiunto che, a quanto gli risulta, «poche persone aprono le porte». A tale proposito, il governatore di ciò che resta dell’oblast di Lugansk ucraino ha affermato in alcuni post sui suoi canali on-line che «i funzionari russi hanno minacciato di buttare giù le porte di chiunque non volesse votare», pubblicando anche le foto di quelli che sembravano essere due seggi elettorali deserti.

Diversa la situazione nella Repubblica popolare di Donetsk, separatista dal 2014 insieme a parte del Lugansk, e molto più schierata nelle attuali consultazioni. Denis Pushilin, il leader separatista della Rpd, ha infatti definito il referendum «una pietra miliare storica».

INTANTO IN RUSSIA, parallelamente alle code in uscita dal Paese e negli aeroporti, si sono diffuse immagini di manifestazioni a favore della decisione del Cremlino di sostenere i referendum: mostrano migliaia di persone in diverse regioni della Federazione russa con cartelli e striscioni come quello apparso a Mosca: «Non abbandoniamo i nostri».

Se i referendum dovessero avere tutti responso positivo, Mosca annetterebbe automaticamente circa il 15% del territorio ucraino, privando Kiev di oltre metà della sua costa e ricongiungendo la provincia russa di Rostov sul Don con la Crimea. L’annessione, del resto, comporterebbe un nuovo statuto legale per i territori occupati e, secondo la legge russa, un eventuale attacco ucraino potrebbe essere considerato come «minaccia alla sicurezza nazionale». In tal caso, anche l’uso di armi atomiche non è escluso, come ha tenuto a specificare l’ex-presidente russo, Dmitry Medvedev.

L’ADDETTO STAMPA del presidente Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha anche aggiunto che nel caso in cui l’Ucraina dovesse attaccare i territori ucraini occupati dove si svolgono le consultazioni, «verrà loro applicata la Costituzione russa», in altri termini saranno già considerati come territorio russo. Insomma, per Mosca il risultato è già scontato e, non a caso, da tutto il mondo, Turchia e Cina comprese, sono piovute critiche e proclami sul fatto che il nuovo status dei territori separatisti non sarà riconosciuto.

Le autorità ucraine, Zelensky in testa, hanno fatto sapere che per l’Ucraina non cambierà nulla; anzi, che la lotta per la liberazione delle aree ancora occupate si intensificherà in futuro.

 

Gli scavi nella fossa comune di Izyum (Ap)

 

INTANTO A IZYUM, il capo dell’amministratore militare regionale, Oleg Synyehubov, ha dichiarato che le operazioni di riesumazione sono praticamente concluse. Su 436 corpi riesumati, secondo Synyehubov, almeno il 90% presenta segni di violenza evidente e su 30 di essi si sono trovati segni di torture. Tra questi, i corpi di 21 soldati ucraini, alcuni dei quali sono stati trovati con le mani legate dietro la schiena.