«L’aria è cambiata», diceva solo due giorni fa Matteo Salvini salutando con i soliti toni trionfalistici la decisione francese di offrire un porto ai migranti della Ocean Viking. Mai come in questo caso, forse, il leader leghista ha avuto ragione. Sono infatti bastate poco più di due settimane al governo Meloni per stravolgere il ruolo dell’Italia in Europa, fare a pezzi l’accordo faticosamente raggiunto a giugno per la redistribuzione dei migranti, aprire una crisi diplomatica con Parigi se non più grave almeno simile a quella seguita all’incontro di Luigi Di Maio con i gilet gialli, e aprirne un’altra con l’Unione europea che continua a ricordare a Roma come i migranti vadano fatti sbarcare «nel porto sicuro più vicino». Tutto in quindici giorni, un vero pasticcio.

Quindi è vero: «l’aria è cambiata» come dice il ministro delle Infrastrutture, ma in peggio e per l’Italia, che adesso rischia di rimanere sola in Europa, visto che anche i Paesi amici sovranisti si guardano bene dall’offrire aiuto quando si parla di migranti. Non a caso ieri il primo commento di Salvini alle dure critiche francesi è stato un laconico «la solidarietà europea…», mentre ci sono volute ore perché arrivasse una presa di posizione del governo: la reazione francese è stata definita «sproporzionata» dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e addirittura «totalmente incomprensibile» da quello dell’Interno Matteo Piantedosi. Silenzio, invece, da palazzo Chigi.

Eppure è proprio da lì, dalla sede del governo, che bisogna partire per ricostruire il pasticcio diplomatico. E per la precisione dall’incontro che la premier Giorgia Meloni ha avuto a Sharm El-Sheikh con il presidente Emmanuel Macron, incontro durante il quale quest’ultimo avrebbe teso la mano offrendosi di accogliere la Ocean Viking. La cosa poteva finire lì, con i ringraziamenti di Roma alla Francia. Invece il governo ha preferito trasformarla in una vittoria della linea dura contro i migranti provocando l’irritazione francese.

Il risultato di questa situazione adesso potrebbe andare ben oltre la questione migranti. «Ci saranno conseguenze estremamente forti nelle relazioni bilaterali» e nei rapporti dell’Italia con l’Ue, ha minacciato ieri il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin. Il riferimento potrebbe essere al mancato sostegno di Parigi alla richiesta italiana di modificare il patto di stabilità, ma anche sul piano energetico europeo, bloccato dalla Germania.

Il livello dello scontro, quindi, rischia di essere altissimo e non manca di preoccupare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ieri, pur non intervenendo direttamente nella questione, dall’Olanda ha ricordato come la forza dell’Europa stia nella sua unità, nell’essere una «comunità di valori e diritti umani».

Le parole dure di Darmanin non sembrano però intaccare l’ottimismo del governo italiano convinto, secondo collaboratori vicina alla premier, che gli interessi comuni siano troppi importanti per farli saltare. E il ministro Piantedosi replica al collega francese: «In Italia quest’anno sono sbarcate quasi 90 mila persone. Tredici Paesi europei si sono impegnati a ricollocarne circa 8.000, meno di un decimo e finora ne sono stati ricollocati 117, di cui 38 in Francia. A fronte di questi numeri – prosegue il ministro – si vuole far imporre il principio che l’Italia sia l’unico approdo d’Europa possibile per gli immigrati illegali». Concetti simili li esprime anche il sottosegretario a Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari, che parla di«atteggiamento scomposto» della Francia: «Le dichiarazioni del ministro francese stanno dando una pessima immagine della Francia, non certo dell’Italia – spiega -: invitano a non rispettare i ricollocamenti ma la Francia quest’anno ha ricollocato 38 persone e sta in sostanza dicendo che l’Italia deve accettare una situazione di illegalità e cioè accogliere senza nessun motivo tutte le navi Ong che arrivano perché non le può prendere la Francia». Lo scontro continua.