Mercoledì notte sono passati in colonna davanti alle sedi del governo e di alcuni ministeri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), gli automezzi blindati e i bulldozer israeliani incaricati di distruggere nel cuore di Ramallah l’abitazione di Islam Faroukh, un palestinese detenuto con l’accusa di aver ucciso due israeliani in un doppio attentato a Gerusalemme, lo scorso novembre. Un altro colpo all’immagine dell’Anp del presidente Abu Mazen, già in forte crisi di consenso tra i palestinesi. Ieri tanti a Ramallah sottolineavano come ad affrontare i reparti israeliani entrati in città fossero stati gruppi di giovani con sassi e bottiglie incendiarie mentre le forze di sicurezza dell’Anp sono rimaste nelle caserme.

«Ricostruiremo ogni casa distrutta dall’occupazione» ha assicurato il primo ministro Mohammed Shttayeh visitando ieri mattina ciò che restava dell’appartamento della famiglia Faroukh fatto saltare in aria dai soldati, con danni gravi anche per altre abitazioni. Le parole di Shtayyeh non sono bastate a placare le polemiche che hanno investito l’Anp.

Restavano critiche ieri sera le condizioni del giornalista Moamen Samrin, uno dei sei palestinesi feriti dai colpi sparati dai soldati per disperdere le proteste.