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Raid israeliano a Jenin, uccisi quattro palestinesi

Raid israeliano a Jenin, uccisi quattro palestinesiI funerali ieri a Jenin di due dei palestinesi uccisi – Majdi Mohammad/Ap

Cisgiordania occupata Una unità speciale della polizia è penetrata nel campo profughi innescando uno scontro a fuoco. Sono almeno 57 i palestinesi uccisi delle forze israeliane dall'inizio dell'anno in Cisgiordania

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 17 agosto 2021

Erano migliaia ieri ai funerali di Salih Ammar, 19 anni, e Raed Abu Zina, 21 anni, due dei quattro giovani palestinesi uccisi da uomini dell’unità Yaman della polizia di frontiera israeliana entrata prima dell’alba nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania. Il raid ha prima innescato la reazione degli abitanti del campo che hanno lanciato sassi e bottiglie incendiarie contro gli agenti della Yamam e poi lo scontro a fuoco in cui sono stati uccisi oltre ad Abu Zina e Ammar anche Noureddin Jarrar, 19 anni, e Amjad Husseinieh, 20 anni. Un quinto palestinese è stato ferito gravemente. Nessuna conseguenza invece per i poliziotti israeliani. I quattro uccisi appartenevano alle Brigate Martiri di Al Aqsa (Fatah) e ai movimenti islamisti Hamas e Jihad. I corpi di Husseinieh e Jarrar sono stati portati via dagli uomini della Yamam.

Sono molto frequenti le incursioni notturne dell’esercito e della polizia di Israele nei centri abitati palestinesi, anche quelli nelle zone A, formalmente sotto la piena autorità dell’Anp del presidente Abu Mazen. Israele parla di operazioni volte ad arrestare persone sospettate di svolgere «attività «terroristiche». E questa è stata la spiegazione dal portavoce israeliano anche per il raid di ieri a Jenin. Per i palestinesi invece sono vere e proprie operazioni di guerra, attacchi notturni in zone densamente popolate e comunque provocazioni che si concludono quasi sempre con morti e feriti, anche tra i civili. In modo particolare, a Jenin che Israele da sempre considera una sorta di «fabbrica di terroristi». La scorsa settimana è morto Dia al Sabarini, un giovane palestinese ferito a inizio mese in un’altra incursione notturna. A giugno due agenti della sicurezza dell’Anp e un altro palestinese furono uccisi, sempre da una unità Yamam. Dall’inizio del 2021 soldati e poliziotti israeliani hanno ucciso 57 palestinesi in Cisgiordania, quasi tutti dimostranti non armati, il numero più alto dal 2016.

Più a sud cresce la tensione lungo le linee tra Israele e la Striscia di Gaza, con il rischio concreto di una nuova escalation militare. Da Gaza ieri sono stati lanciati due razzi verso il sud di Israele in anticipo sulla riunione delle formazioni armate palestinesi per decidere eventuali «passi verso una escalation» in risposta al blocco israeliano dei finanziamenti dal Qatar per la ricostruzione della Striscia. I palestinesi hanno già respinto la richiesta di Israele di collegare l’allentamento del blocco di Gaza in atto dal 2006 alla restituzione dei resti di due soldati rimasti uccisi nella guerra del 2014. I Comitati di resistenza popolare di Gaza spingono per riprendere con maggiore intensità il lancio dei palloncini incendiari verso Israele e le attività di disturbo notturne in prossimità delle linee di demarcazione con lo Stato ebraico. Israele ha sempre reagito con forza al lancio di palloncini incendiari, ordinando alla sua aviazione di colpire Gaza.

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