Le organizzazioni armate palestinesi la chiamano «Furia del Libero» e la giudicano una vittoria nonostante i cinque morti e le decine di feriti subiti, non pochi dei quali civili: una ragazza di 17 anni, colpita alla testa da un proiettile mentre era a casa, è in condizioni disperate. Di sicuro le dieci ore di combattimenti innescati ieri dall’incursione dell’esercito israeliano e della polizia di frontiera a Jenin e nel suo campo profughi, rappresentano lo scontro armato più ampio e violento avvenuto nella città dal 2002. Dalla «Battaglia di Jenin» durante la seconda Intifada palestinese, al culmine dell’offensiva militare israeliana “Muraglia di difesa”.

Scene di Intifada armata si sono riviste ieri. Quanto avvenuto a Jenin è stato un messaggio per i comandi militari israeliani. D’altronde gli stessi media in lingua ebraica scrivono che la Cisgiordania assomiglia sempre di più alla Striscia di Gaza dell’inizio del Duemila quando gli agguati della guerriglia palestinese spinsero nel 2005 lo scomparso premier Ariel Sharon al «ridispiegamento», ossia al ritiro dei soldati e all’evacuazione degli insediamenti coloniali da quel lembo di territorio palestinese. Da molti mesi ormai le notti in Cisgiordania non passano senza spari contro i posti di blocco militari, contro gli insediamenti coloniali e i coloni israeliani. Lo svincolo di Huwara, teatro a febbraio di un violento raid di coloni seguito all’uccisione di un israeliano, è un campo di battaglia dove sempre più spesso avvengono attacchi armati contro soldati e settler. In Cisgiordania, in particolare nel Nord, tra Jenin e Nablus, Israele sta impiegando migliaia di soldati in più rispetto a due anni fa nel tentativo di proteggere i coloni che, da parte loro, non mancano occasione per «punire» i villaggi arabi.

Elicottero Apache su Jenin
Elicottero Apache su Jenin

I combattenti palestinesi della Brigata Jenin, che Israele descrive come «terroristi», appaiono meglio organizzati ed armati rispetto a qualche mese fa. Ieri hanno sfidato – con un intenso fuoco di sbarramento, lanci di ordigni incendiari e mine artigianali – l’esercito israeliano, costretto ad un certo punto a far intervenire gli elicotteri da combattimento Apache. L’impiego di queste temibili macchine da guerra non avveniva in Cisgiordania da quasi venti anni. Nell’ultimo anno e mezzo Jenin è stata teatro di numerosi raid militari: uno ha fatto dieci morti. Ma mai sino ad oggi l’esercito israeliano si era trovato a dover affrontare una resistenza armata tanto organizzata. Penetrati nella città per arrestare alcuni «ricercati» e recuperare una unità speciale rimasta intrappolata mentre operava sotto copertura, i militari israeliani a bordo di decine di mezzi blindati di ultima generazione, hanno fatto i conti con una pioggia di fuoco. «Non avevo mai visto sparare così tanto, il crepitio dei mitra è stato incessante. Era una guerra e i nostri combattenti non avevano alcuna timore» ci diceva ieri un giornalista locale presente nei quartieri di Al-Hadaf e Jabriyat, tra quelli più interessati dagli scontri a fuoco.

A quanto si racconta a Jenin, i palestinesi sarebbero riusciti ad attirare un veicolo blindato per il trasporto delle truppe su una mina artigianale del peso di 40 kg, sistemata poco prima lungo la strada. L’esplosione ha messo fuori uso il pesante automezzo e ferito sette militari a bordo. Altri cinque veicoli israeliani sono stati danneggiati gravemente durante i combattimenti. Per recuperarli l’esercito ha chiesto l’intervento degli Apache responsabili, secondo fonti locali, dell’uccisione di tre dei cinque palestinesi, quasi tutti membri di Saraya al Quds, l’ala armata del Jihad islami. Quando l’esercito si è ritirato, a Jenin tanti sono scesi in strada a festeggiare. Su carri e camion sono stati esibiti porte, ruote e pezzi di metallo dei mezzi israeliani colpiti.

La battaglia durata ore è però costata l’uccisione di un ragazzino, Ahmed Saqr, 15 anni, e il ferimento di decine di palestinesi, 18 dei quali in modo serio. Coinvolti anche civili, colti di sorpresa dagli scontri armati. Oltre alla ragazza colpita alla testa, una giovane è stata ferita mentre andava all’università. I medici degli ospedali governativo, «al Razi» e «Ibn Sina» temono che il bilancio dei morti possa aumentare nelle prossime ore a causa delle condizioni critiche di diversi feriti.

Categoricamente contraria all’indipendenza dei palestinesi sotto occupazione militare e desiderosa di annettere la Cisgiordania a Israele, la destra guidata dal premier Netanyahu ora preme per una operazione ampia delle Forze armate. «Ormai è giunto il momento di utilizzare le forze aeree e le forze corazzate», ha twittato Bezalel Smotrich, ministro delle finanze di estrema destra. L’esercito, scriveva ieri Haaretz, però ha forti dubbi sui risultati di questa nuova «Muraglia di Difesa», di cui teme il fallimento.