La protesta contro le censure Rai e il pensiero unico filo-israeliano non si fermano, fuori e dentro il servizio pubblico. Dopo le manifestazioni sotto le sedi Rai di Napoli, Bologna, Torino, Firenze e Genova, oggi pomeriggio alle 15 nuovo sit-in a viale Mazzini a Roma. Stavolta non è il Pd a protestare contro «TeleMeloni», ma una serie di sigle vicine alla causa palestinese e della sinistra, Spin Time e Rete degli studenti medi.

Ma anche dentro la tv pubblica qualcosa si muove. Ieri è stato pubblicato sui social un documento scritto da una ventina di dipendenti non giornalisti che definisce il comunicato riparatore pro-Israele dell’ad Sergio letto domenica scorsa in diretta da Mara Venier «un punto di svolta inquietante». «Contestiamo l ’utilizzo dei canali aziendali per trasmettere le idee personali dell’ad», scrivono i dipendenti, che hanno scelto l’anonimato per evitare provvedimenti disciplinari.

«L’azienda deve avere la forza e la dignità di essere indipendente dagli umori di singoli individui, e non pronta a inginocchiarsi alla diplomazia israeliana per poche frasi pronunciate da una manciata di artisti durante» Sanremo. «Contestiamo con forza l’unilateralità del comunicato che ha completamente omesso la sproporzione del conflitto, le sofferenze della popolazione di Gaza e la violenta occupazione in Cisgiordania». «Si tratta di una iniziativa spontanea», spiegano i firmatari, siamo sconcertati dal silenzio dei sindacati: volevamo chiarire che il comunicato di Sergio non rappresenta affatto i lavoratori dell’azienda».

Si muove anche il comitato di redazione di Rai approfondimento, che raccoglie le redazioni di Report, Agorà, Presadiretta e altri programmi. «La Rai che vogliamo ha solo due padroni: i cittadini e coloro che ci lavorano, e non risponde ai diktat dei governi, né quello italiano né tantomeno governi stranieri. Non è proprietà dei suoi alti dirigenti, né di ministri o partiti politici. Non accetta reprimende, censure, tirate di orecchie.

Non toglie la parola a nessuno, ma la offre a chi è senza voce». «Siamo sconcertati dal clima di questi giorni», prosegue il comunicato. «In Rai non ci sono parole vietate, ma solo parole sulle quali ognuno ha diritto di dire la sua. E questo vale anche per la guerra. Il racconto della guerra non può essere dettato dalla collocazione internazionale del nostro Paese. Per questo chiediamo a tutti coloro che ritengono di poter decidere cosa ha diritto di parola nella Rai, di rinunciare alle proprie pretese. Siamo pronti a difendere la nostra autonomia e indipendenza a ogni costo».

Ma c’è di più: ieri è emersa una chat in cui i vertici della Tgr (guidata da Casarin, vicino alla Lega) danno indicazioni alle redazioni regionali su come “coprire” le manifestazioni di protesta sotto le sedi: «Dare una breve notizia nel tg senza girare immagini». Alleanza Verdi-Sinistra annuncia interrogazioni al ministro Piantedosi per capire «come mai si siano usati i manganelli» (a Napoli e Bologna) e in Vigilanza Rai «per chiedere conto della censura sulle manifestazioni».