Rai, «sciopero il 26 maggio» mentre Rossi si presenta
Il cavallo di Viale Mazzini a Roma, sede della Rai – Foto Ansa
Politica

Rai, «sciopero il 26 maggio» mentre Rossi si presenta

I sindacati: azienda occupata. Il prossimo ad parla alla convention culturale della destra. Il programma dell’uomo che sostituirà Fuortes: no all’egemonia, tutelare le libertà
Pubblicato più di un anno faEdizione del 7 aprile 2023

Mentre la destra è pronta a prenderne possesso, alla Rai i sindacati proclamano uno storico «sciopero generale». Il 26 maggio i lavoratori (non giornalisti) bloccheranno la produzione televisiva mentre già dal 5 maggio attueranno «il blocco delle prestazioni accessorie o complementari, come il lavoro supplementare, straordinari, reperibilità fino al 31 maggio». Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom, Fnc Ugl, Snater, Libersind Confsal invitano poi il sindacato dei giornalisti Usigrai «a sostenere, pur nelle rispettive autonomie, questa lotta di tutti per il futuro della Rai».

«Come abbiamo più volte ripetuto, siamo a una strettoia sul futuro della Rai, dato che i problemi endemici dell’azienda si sommano a quelli esterni, causati da una politica accompagnata da un sottobosco più intenta a occupare la Rai che a dettare regole per renderla governabile», attaccano i sindacati. Così le segreterie delle organizzazioni confederali che giudicano il periodo della mobilitazione «ragionevolmente sufficiente per preparare bene la protesta, con un calendario di assemblee che dovrà battere a tappeto l’intera azienda, per permettere a tutti di partecipare informati a un appuntamento che vuole dare un futuro al servizio pubblico».

Le incertezze sul canone e la mancanza di informative sul piano industriale sono le altre motivazioni della protesta. Per il canone, «l’azienda ha confermato la propria preoccupazione per la tenuta dei conti aziendali, nel caso venisse confermata la prospettiva di toglierne la riscossione dalla bolletta elettrica. Trattandosi però di una decisione spettante alla politica, pur avendo esternato le proprie preoccupazioni al ministero dell’Economia, ne aspetta le decisioni e le soluzioni alternative», riferiscono i sindacati.

Sul piano industriale, lamentano le organizzazioni sindacali, «l’azienda ha comunicato la propria impossibilità a darne dettaglio dei contenuti», segnale «chiaro in questo momento con l’ad in uscita».
E proprio l’uomo che dovrebbe sostituire l’attuale ad Carlo Fuortes – passando per la casella di direttore generale – e cioè l’ex consigliere Giampaolo Rossi, ieri ha illustrato la sua visione della Rai. La funzione del servizio pubblico «dovrebbe essere quella di garantire la pluralità delle narrazioni, garantendo il più possibile il principio fondamentale della libertà», ha dichiarato, prendendo la parola nel corso di Pensare l’immaginario italiano – Stati generali della cultura di destra.

La Rai, ha proseguito Rossi, «è il perno del sistema culturale del nostro paese, luogo dell’intrattenimento ma anche dalla fruizione culturale, in cui diverse forme artistiche trovano loro espressione». Mentre in passato «è successo forse che la Rai non abbia mantenuto questo luogo di libertà», ha concluso, senza aggiungere quello che un paio di settimane fa aveva sostenuto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. E cioè che «qualche piccolo Stalin ancora circola nei corridoi di viale Mazzini». Ma il cambio della guardia al vertice della tv pubblica è vicino e presto si capirà in che direzione andranno le «narrazioni» della Rai meloniana.

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