Lavoro

La questione sociale, i sindacati: «Draghi non dà i numeri, né le risposte»

La questione sociale, i sindacati: «Draghi non dà i numeri, né le risposte»Incontro tra il governo e i sindacati Cgil, Cisl e Uil – LaPresse

L'incontro a Palazzo Chigi Landini (Cgil): «Per ora non ci sono impegni, né risultati. C’è solo un altro incontro». Salario minimo: la proposta del ministro del lavoro Orlando sui trattamenti economici complessivi

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 13 luglio 2022

Un incontro senza risposte, numeri e contenuti che ha partorito un altro incontro a fine mese quando sarà presentato un altro decreto, quello di luglio. Per Cgil e Uil il tavolo di ieri con il governo, presieduto da Mario Draghi, si è chiuso senza indicare un percorso né impegni concreti. «Se un lavoratore mi chiedesse cosa hai portato a casa risponderei: niente, solo un altro incontro» ha commentato Maurizio Landini (Cgil); «L’esecutivo ha riconosciuto che alcuni temi, salari, pensioni, precarietà e salario minimo, esistono» ha aggiunto Pierpaolo Bombardieri (Uil).

L’IRONIA va colta tutta. In effetti, dopo mesi di dati raccapriccianti, non era scontato che il governo decidesse di fare qualcosa. Anche se non è ancora chiaro cosa. Più soddisfatta è sembrata la Cisl che invece ha parlato di «incontro potenzialmente decisivo» e di un impegno da parte dell’esecutivo a «mettere in campo un confronto strutturato e permanente». Al di là delle divisioni assodate tra i sindacati confederali, separati dallo sciopero generale del dicembre 2021 proprio sui salari e contro la riforma fiscale, qualcosa è stato ottenuto: il governo sentirà i sindacati prima di varare il nuovo decreto. Un magro bilancio in una giornata concepita per mandare un messaggio ai Cinque Stelle: il governo è operativo e risponde ai 9 punti della lettera di Conte.

PER UN’ORA E MEZZA sono state evocate le «tematiche», un classico della politica italiana quando non ha nulla da dire. Si è parlato di «misure strutturali», «l’energia prima di tutto», «la trasformazione di settori produttivi importanti come automotive e acciaio, poi il Pnrr». Cenni all’universo a parte, si è anche alluso a un aumento del «netto» nelle buste paga dei dipendenti da finanziare con il taglio del cuneo fiscale. Resta da capire cosa pensa sulla questione Confindustria che ha fatto una proposta precisa e non contempla solo una misura a beneficio dei lavoratori. Ieri Carlo Bonomi, il presidente, ha rilanciato l’idea di una misura a sostegno della «competitività delle imprese». Poi è stato sfiorato il tema di una «decontribuzione» per sostenere le assunzioni stabili (un altro classico), di fondi per rinnovare i contratti scaduti da anni (tre o addirittura nove) che coinvolgono una platea tra i 6 e gli 8 milioni di lavoratori.

TRA LE QUESTIONI aperte c’è il «salario minimo», un’altra esca per i Cinque Stelle. A sentire la proposta del ministro del lavoro Andrea Orlando il governo non starebbe lavorando su una vera e propria legge sul minimo legale orario lordo (8-9 euro) al di sotto del quale un compenso non dovrebbe scendere. L’idea è prendere a riferimento i trattamenti economici complessivi e farli diventare trattamenti minimi sotto i quali non si deve andare. Si tratta, ha spiegato Orlando, di «legare un minimo salariale per comparto alla migliore e più diffusa contrattazione» usando «come riferimento i contratti o più diffusi o quelli firmati dalle organizzazioni comparativamente maggiormente rappresentative». «Questo naturalmente non escluderebbe contratti con salari ancora bassi ma innescherebbe un meccanismo che potrebbe aumentare» i livelli dei salari. Il livello di chiarezza, e di efficacia, di questa soluzione è pari al numero di condizionali usati per descriverla. Più che altro sembra l’effetto dei veti incrociati esistenti sulla proposta sulla quale ieri Draghi si è impegnato. Si vedrà se conoscerà mai la luce in questa legislatura. «E poi – ha ricordato la Cgil – è necessario arrivare a una legge che misuri la rappresentanza dei soggetti che fanno gli accordi e cancellare i contratti pirata».

A PALAZZO CHIGI è rimasto il problema dei governi di larghe intese per di più privi «di formule politiche» com’è quello guidato da Draghi. In questa condizione chiedere la «riforma del fisco, la lotta all’evasione, la riforma del mercato del lavoro e la riforma delle pensioni», come ha fatto ieri la Cgil, a un esecutivo sull’orlo di una crisi elettorale, e pieno di idee divergenti su queste e altre materie, è complicato. Pensiamo solo a cosa potrebbe accadere sulla riforma della «precarietà del lavoro». Draghi ha detto che sarebbe stato aperto un «tavolo» Ecco un’altra «tematica». Ma cosa potrebbe produrre una maggioranza votata da Renzi che ha fatto il Jobs Act e da Salvini che propone i voucher? Se ne riparlerà tra il 25, 26 o il 27 luglio in un nuovo round a palazzo Chigi. Forse.

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