Paolo Pileri insegna pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano e si occupa prevalentemente di paesaggio e consumo di suolo.

Professor Paolo Pileri cosa è successo all’urbanistica milanese degli ultimi quindici anni?
L’urbanistica milanese era già contagiata dalla produzione di redditività, era un’urbanistica immobiliare già prima di Expo 2015, ma con Expo ha sicuramente accelerato sugli investimenti privati creando un sistema che produce grossi vantaggi ai privati. È mancata una visione di vantaggio pubblico, per i cittadini, che infatti oggi, sempre più numerosi, fanno fatica a restare a vivere a Milano. L’urbanistica è stata a guardare lasciando fare ai privati che hanno imparato presto che a Milano costruire costa poco e la remunerazione è molto alta.

Gli investitori privati hanno tutto l’interesse a mantenere questa situazione. E chi governa la città?
Deve bilanciare. Noi abbiamo un sindaco che parla di una Milano sempre più attrattiva, stessa cosa fa il presidente della regione Lombardia. La città diventa un elemento di marketing. Ma l’attrattività è un animale che ha sempre fame. L’urbanistica nasce per equilibrare la parte pubblica con la parte privata, non solo per produrre le condizioni per favorire la parte privata. Milano è in disequilibrio.

I nuovi grattacieli che ridisegnano la città possono essere considerati uno dei simboli di questo disequilibrio. In questi anni si è detto che costruire verso l’alto diminuisce il consumo di suolo. Cosa succede però quando si costruisce tanto anche in verticale?
Il grattacielo è evidente che consuma meno suolo. Se mettono cinquanta famiglie in verticale consumo meno suolo che metterle in orizzontale. Ma allora se vogliamo adottare questo nuovo codice urbanistico dobbiamo però azzerare il resto del consumo di suolo. A Milano invece si è iniziato a costruire in verticale e si è continuato a consumare suolo. I dati Ispra dicono che nel 2021 Milano ha bruciato 18 ettari di suolo libero. Nel 2022, nonostante i grattacieli, Milano ha consumato 26,4 ettari di suolo libero. Questa città quindi fa i grattacieli e consuma suolo. E questo è conseguenza di una mancata regolazione urbanistica. Io ai miei alunni dico sempre di applicare una regola per il verde: 3, 30, 300. Ognuno dovrebbe avere diritto a vedere dalla sua finestra 3 alberi, avere nelle zone più prossime coperture arboree che garantiscano il 30% di ombra e avere a circa 300 metri da casa un parco, anche piccolo, ma un parco.

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Anche la Procura che indaga sull’edilizia milanese in un certo senso dice qualcosa che va in quella direzione: servono piani attuativi per riequilibrare l’impatto delle nuove costruzioni.
È evidente che se le nuove costruzioni sono così impattanti, se cambiano quanto si vede dalla propria finestra, se cambia la luce che entra nelle case, se cambia la quantità di persone che vivono in una determinata zona, i cittadini si sentono violati. Non mi sorprende e hanno ragione di lamentarsi. Luce, verde e aria sono i tre indicatori basilari del benessere.

Ora siamo in una fase di stallo forzata a causa delle inchieste che stanno rallentando i cantieri e che potrebbe servire a ripensare alcune pratiche. Cosa si aspetta da queste vicende giudiziarie?
Temo che uno degli scenari possibili sia quello che la giunta di Milano si accordi con il ministero guidato da Salvini per risolvere il problema. Una grande alleanza Lega-Pd per andare avanti. L’urbanistica ha bisogno di persone che decidano di dare alla dimensione ambientale una priorità su tutte le altre cose. Ma ho paura che ci sia un lavoro politico di larghe intese per sbloccare e superare l’impasse e andare avanti piuttosto che cambiare davvero.