Europa

Quando Parigi bruciava

Quando Parigi bruciavaLe Bourget, Parigi, 4 novembre 2005 – Ap

2005-2015 Il 27 ottobre di dieci anni fa la morte di Zyed e Bouna, due adolescenti in fuga dalla polizia, innescava la rivolta delle banlieues. Nel frattempo politiche come quella sulla casa hanno modificato la scenografia, ma non la sceneggiatura. E la crisi rende quell’eredità ancora piu pesante

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 27 ottobre 2015

Dieci anni fa, il 27 ottobre 2005, Zyed Benna e Bouna Traoré, due adolescenti di 15 e 17 anni, restano fulminati a Clichy-sous-Bois in una centralina elettrica in cui si erano rifugiati per scappare dalla polizia, anche se non avevano nulla da rimproverarsi.

La reazione a queste morti era stata l’esplosione delle banlieues, dalla periferia parigina alle altre grandi città francesi, una ventina di giorni di auto bruciate, di distruzioni di simboli della presenza pubblica (biblioteche, scuole, palestre) e dell’economia dominante (centri commerciali). Il primo ministro di allora, Dominique de Villepin, aveva proclamato lo stato di emergenza, che non era più stato imposto nel paese dalla guerra d’Algeria. In tre settimane, c’erano stati 4mila fermi e 600 arresti.

Qualche mese fa, nel maggio 2015, i due poliziotti implicati nella caccia a Zyed e Bouna sono stati assolti dall’accusa di «non assistenza a persona in pericolo», anche se la registrazione di una telefonata aveva provato che gli agenti erano ben consapevoli dei rischi incorsi dai giovani che si erano rifugiati nella centralina.

La diffidenza verso la polizia, la paura degli agenti da un lato, i controlli continui dall’altro, restano una delle più pesanti eredità del 2005.

L’aumento dei traffici illeciti, uno degli effetti della crisi economica, e la maggiore visibilità dell’islam non hanno certo aiutato a migliorare la situazione. La paura è il parametro su cui si muove sempre di più, da una parte e dell’altra, lo stato delle relazioni tra i cittadini che abitano territori diversi.

Nicolas Sarkozy, quando era ministro degli Interni, aveva soffiato sul fuoco, promettendo agli abitanti di Argenteuil di liberarli dalla «feccia», facendo “ricorso al karcher” (una marca di idropulitrici professionali, ndr). Da presidente, ha continuato a distillare il veleno della stigmatizzazione.

François Hollande ha promesso interventi e realizzato qualcosa per lottare contro le discriminazioni, ma con il governo Valls l’operazione si è arenata. Manuel Valls ha parlato di «apartheid territoriale, sociale e etnico» e ieri, dopo una simbolica riunione interministeriale ai Mureaux, ha promesso di intervenire sui comuni che rifiutano di costruire case popolari.

Il mondo politico continua però a perpetrare l’immagine di un «noi» e «loro» che mina alla base la società francese, fomentando la diffidenza reciproca. Il termine maggiormente ricorrente tra gli abitanti delle periferie urbane che parlano della loro condizione resta negli anni sempre lo stesso: «rispetto».

Clichy-sous-Bois resident walks Friday, Oct. 20, 2006 past photos of Zyed Benna, rear left, and Bouna Traore, who died after being electrocuted in a power substation on Oct. 27, 2005 in Clichy-Sous-Bois, outside Paris .In the minds of young people, it was fear of police that drove Zyed and Bouna to their deaths and started of three weeks of rioting, car burnings and attacks on police that raged through housing projects and laid bare decades of discrimination against France's black and Arab citizens. The picture reads
La foto di Zyed e Bouna a Clichy-sous-Bois (AP)

In dieci anni, ci sono stati interventi di vario tipo nelle banlieues. A cominciare dalla casa: sono stati spesi 48 miliardi di euro per il rinnovamento urbano che ha riguardato circa 600 quartieri, 151mila abitazioni vetuste sono state abbattute, 320mila ristrutturate, 136mila ricostruite. Sono in programma altre 50mila demolizioni-ricostruzioni, oltre a un rafforzamento della rete dei trasporti con il progetto del «Grand Paris».

Queste politiche hanno cambiato un po’ la scenografia, ma non la sceneggiatura, malgrado qualche iniziativa nella scuola per promuovere i più meritevoli, creazioni di agenzie per favorire gli investimenti (hanno partecipato persino gli Usa), leggi che riconoscono la realtà delle discriminazioni ,ecc.

Ma la crisi economica aggravata nel 2008 ha colpito duro soprattutto le classi popolari, concentrate nelle periferie, che negli anni hanno perso la coesione sociale un tempo creata dal fatto di lavorare nella stessa fabbrica, di aderire al sindacato o al Pcf.

I dati sono drammatici: nei quartieri popolari, il reddito medio è pari al 56% di quello medio del paese, la disoccupazione è di 10 punti superiore (20 per i giovani fino ai 25 anni), il precariato dilaga (100mila beneficiari dell’Rsa, il reddito di solidarietà, nel dipartimento della Seine-Saint-Denis, che conta 1,5 milioni di abitanti). Se si prende l’Rer dalla stazione Luxembourg del centro di Parigi fino a La Courneuve, nella prima periferia nord, si perdono 15 anni di speranza di vita. Il 51,4% dei minorenni che vivono nei quartieri popolari sono sotto la soglia di povertà (è sotto questa soglia il 38,4% di questa popolazione, contro il 13,9% in Francia), nella Seine-Saint-Denis la mortalità infantile è del 40-50% superiore alla media francese.

Malgrado tutte queste difficoltà, la società mostra resistenza. È nelle banlieues dove c’è il maggior tasso di creazione di imprese. I giovani studiano, più del 50% dei figli di operai hanno il Bac (maturità), molti continuano all’università. Avvocati, medici, insegnanti, ricercatori, quadri dirigenti sono sempre più numerosi a venire dai quartieri popolari.

Il Bondy Blog, nato nel 2005, continua a raccontare storie di battaglie, di successi e di sconfitte di una gioventù francese nata nelle banlieues, che però per 7 francesi su 10 restano «pericolose».

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