Pugno duro della Baviera, al via i «centri di ancoraggio»
Germania Operativi sette «Ankerzentren» per la detenzione dei profughi in attesa dell’asilo. Previsti nel piano immigrazione del ministro dell'Interno Seehofer, ma anche nel contratto per la Groko
Germania Operativi sette «Ankerzentren» per la detenzione dei profughi in attesa dell’asilo. Previsti nel piano immigrazione del ministro dell'Interno Seehofer, ma anche nel contratto per la Groko
Previsti nel Migration-masterplan del ministro dell’Interno Horst Seehofer, ma anche sanciti dal contratto di coalizione del governo social-democristiano di Angela Merkel. Da ieri in Baviera sono ufficialmente in funzione i primi «centri di ancoraggio» (Ankerzentren) destinati alla detenzione dei profughi in attesa di essere selezionati per l’asilo o l’espulsione rapida.
Sette strutture collaudate in grado di “accogliere” da 1.000 a 1.500 persone, operative a Bamberg, Regensburg, Schweinfurt, Donauwörth, Zirndorf e Deggendorf, grazie alla riconversione dei vecchi hotspot. Oltre a Manching, periferia di Ingolstadt, dove si staglia il nuovo «Centro per l’asilo e il rimpatrio»: l’Ufficio-migranti “in proprio” della Baviera, inaugurato venerdì dal governatore Markus Söder «per rendere più umani» i respingimenti.
A Monaco e Berlino insorge chi si oppone all’ultimo giro di vite contro i profughi, a partire da Susanna Krüger di Save the Children che denuncia: «I nuovi centri non sono posti dove possono stare le famiglie; bloccano la crescita dei bambini provocando tensione e aggressività». In parallelo la Caritas, alternativa cristiana e sociale alla Csu, ricorda al governatore bavarese che «ammassare centinaia di rifugiati senza prospettive né occupazione in spazi ristretti porta dritti al conflitto».
Segue il gesto, sintomatico, dell’influente Consiglio dei Rifugiati bavaresi che a Manching, alla fine della settimana scorsa, si è rifiutato di celebrare «le deportazioni e la strategia della campagna elettorale di destra della Csu» al momento del taglio del nastro del nuovo Ufficio-migranti nell’ex caserma Max Immelmann. Scelta non a caso perché così lontana da Berlino e così vicina all’autorità federale che a Norimberga smista tutte le pratiche di asilo della Bundesrepublik.
Qui, tra le camerate di ciò che fino all’altroieri era solo un «centro di transito» è stato acceso il cervello amministrativo collegato alle sette strutture riconvertite alla detenzione dei migranti, che oscillerà dalle 48 ore previste dal governo della Baviera ai 18 mesi di chi ben conosce i tempi delle pratiche e dei ricorsi garantiti dalla legge. Per superare l’ostacolo, il nuovo «Centro per l’asilo e il rimpatrio» è stato dotato di un piccolo esercito di 1.000 funzionari locali incaricati di gestire l’emergenza-profughi secondo l’«interpretazione più liberale delle norme» chiesta dal presidente Söder. Quanto umanitaria sarà la missione dell’ente lo si può intuire dalla traduzione dell’ordine diramato dal ministro dell’Interno bavarese, Joachim Hermann, la cui priorità rimane «lottare contro i delinquenti tra richiedenti asilo per garantire il ruolo della legge».
L’opposizione al Bundestag denuncia la mossa politica della Csu, insieme alle conseguenze della campagna elettorale permanente che mira a risollevare il partito dai sondaggi che lo inchiodano sotto la soglia “vitale” del 40% in Baviera, con l’Afd al 13%, sopra l’Spd.
«I cristiano-sociali si muovono da agitatori poco prima del voto locale promettendo ai cittadini di rinchiudere il maggior numero possibile di rifugiati e poi di deportarli», riassume Ulla Jelpke, deputata della Linke, preoccupata per il «continuo avvelenamento del clima sociale in Germania». Corrisponde alla linea dei Verdi scandita dai banchi del Parlamento bavarese, secondo cui vanno attuate «misure di integrazione e non di blocco» mentre l’Ufficio-migranti autonomo corrisponde al «buco nella testa» di chi lo ha concepito, puntualizza il deputato Anton Hofreiter.
Nonostante la propaganda di Monaco, l’Ufficio-migranti bavarese rimane una “succursale” di quello federale (Bamf), che non solo manterrà le competenze ma dovrà distaccare personale «di collegamento» con la nuova istituzione. Un caso analogo all’inedita polizia di frontiera bavarese che pattuglia i confini solo su concessione e in compagnia degli agenti federali. Con la differenza che gli Ankerzentren sono destinati davvero a funzionare, se non come immaginato da Seehofer, di sicuro ai sensi dell’accordo di governo tra Spd, Cdu e Csu che vincola la Groko fino a fine legislatura. Lì i centri di “smistamento” spiccano, nero su bianco, edulcorati nell’«anker» acronimo di «arrivo, distribuzione, decisione e ritorno».
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